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Analisi Tecnica: Halo: Reach

Tutta la verità su Halo: Reach.

La modellazione dei volti dei personaggi rappresenta un salto di qualità notevole rispetto a ODST ma il successo più importante è stato raggiunto in termini di animazioni. Nelle scene chiave Bungie ha impiegato una tecnica chiamata "Faceover": i dialoghi sono registrati prima di ogni altra cosa, quindi gli attori devono sincronizzare il movimento delle labbra e le animazioni delle loro performance vengono registrate. Successivamente, gli artisti danno il tocco finale alle animazioni che appariranno in-game.

Un'altra sfaccettatura interessante è che il giocatore può impersonare uno Spartan uomo o una donna e questo dà vita a interpretazioni differenti delle linee di dialogo. In alcuni casi l'effetto di una scena può cambiare in modo notevole e Bungie ne sottolinea una in particolare durante il commento degli sviluppatori. Agli inizi dell'avventura, il giocatore deve vedersela contro una schiera di Covenant e allo stesso tempo badare a un Phantom. Liberatosi delle minacce, Jorge esce dall'ombra per lodare il vostro operato e mette il braccio sulle vostre spalle, un'azione che ha connotazioni del tutto differenti a seconda del sesso del personaggio.

In Reach, inoltre, per la prima volta nell'universo di Halo sono presenti dei civili. È possibile inoltre conoscere l'ideatore del programma Spartan, il Dottor Halsey, un personaggio che trae notevoli benefici dalla tecnica Faceover di Bungie. Il Noble Team riveste un ruolo fondamentale a livello di narrazione sia nei filmati di intermezzo che durante il gioco; anche in questo caso, i rapporti tra i compagni del team traggono giovamento dalle tecniche utilizzate dagli sviluppatori.

In origine, Bungie aveva in mente grandi progetti per queste creature; aveva realizzato dei prototipi cavalcabili dotati di cannoni montati sulle spalle in grado di scagliare rocce fuse verso il giocatore. Nella versione finale di Reach compaiono solo una volta.

Bungie è sempre stata efficace nella produzione di dialoghi convincenti e sensibili al contesto, e anche questa volta non è stata da meno. Inoltre è stato aggiunto il sistema "Thespian" che permette di ottenere animazioni in-game analoghe a quelle delle cut-scene. L'effetto è simile a quanto conseguito da Half-Life 2 in questo genere di situazioni e permette di integrare porzioni di storia nel gameplay o, come dice Bungie, di inserire una sceneggiatura da 1000 pagine nel gioco.

Infine, dobbiamo segnalare ancora una volta la sezione di combattimento intorno alla stazione orbitale: non troviamo niente di simile nei precedenti Halo. Dal punto di vista tecnico non c'è niente di particolare da segnalare, e sicuramente non ci sono problemi di performance. Menzioniamo questa sezione per sottolineare la portata di questo progetto. Dal punto di vista del gameplay, inoltre, contribuisce a spezzare il ritmo di un'avventura che per larghi tratti si focalizza sull'azione in soggettiva.

Analisi delle prestazioni durante i combattimenti intorno alla stazione orbitale di Reach.

Questa sezione è seguita dalla sequenza a gravità ridotta sulla nave spaziale Covenant; questa parte è degna di nota in quanto ci permette di apprezzare chiaramente i miglioramenti dell'engine di Bungie anche dal punto di vista del comparto audio. In questa parte del gioco, infatti, l'aria è estremamente rarefatta, ragion per cui il suono risulta smorzato. Lo sviluppatore è in grado di applicare l'elaborazione digitale del segnale audio a ogni elemento sonoro del gioco (a parte la soundtrack) e se da una parte questa tecnica è palese quasi solo in questa sessione, dall'altra è utilizzata lungo tutto l'arco del gioco. La pioggia che cade dai tetti degli edifici nel primo livello ne costituisce un esempio.

Master Chief, nelle sue tre avventure, utilizzava un fascio di luce per vedere al buio, mentre Reach implementa la prima vera modalità di visione notturna (a sinistra). È una soluzione più rifinita e spettacolare rispetto al visore che abbiamo visto in ODST (a destra).

Dal punto di vista tecnico, Halo: Reach rappresenta senza alcun dubbio un miglioramento colossale rispetto ai precedenti episodi della saga: adotta una risoluzione nativa più elevata senza rinunciare all'HDR, incrementa il numero dei poligoni, utilizza quantità industriali di effetti particellari e di alpha, fa maggior uso dell'illuminazione dinamica, ha una profondità di campo quattro volte più ampia e il numero di nemici gestiti dall'engine è quadruplicato... la lista insomma è immensa. A dispetto di tutte queste evoluzioni, però, mantiene sempre l'aspetto inconfodibile della serie: ne ha l'aspetto e lo si gioca come un Halo, e ciò è dovuto alla sua progettazione.

Questo significa però che alcuni, per poter apprezzare Reach per quello che è, ovvero il miglior Halo di sempre e probabilmente il miglior shooter per Xbox 360, dovranno passare oltre quella sensazione di "familiarità" che porta spesso a tante critiche. Il primo livello svolge un egregio lavoro mostrando subito i miglioramenti dal punto di vista tecnologico, ma la cosa più importante è che queste novità tecnologiche non hanno tolto nulla agli standard di Bungie: il multiplayer rimane brillante, lo split-screen non è stato abbandonato, e l'intera campagna è giocabile anche in modalità co-op, online oppure offline.

Evoluto sotto molti aspetti ma sempre e comunque un Halo nelle aree chiave, Reach è la rivoluzione che aspettavamo: un gioco superbo con una serie di caratteristiche che spingono l'Xbox 360 oltre i suoi limiti.

Un'analisi approfondita del gameplay di Halo: Reach è consultabile nella nostra recensione.