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Harry Palmer: il Caso Ipcress Recensione | Il ritorno della spia proletaria

Un nuovo trattamento del famoso romanzo di Len Deighton.

Nella storia dell’umanità, e fino a qualche decennio fa, lo spionaggio ha avuto un’importanza rilevante nelle faccende internazionali e le storie degli agenti segreti hanno sempre riscosso grande successo.

Nel 1953 aveva cominciato Ian Fleming, ex ufficiale della Royal Navy, arruolato nel Servizio Informazioni della Marina, inventandosi James Bond. Altro ex agente segreto del Secret Intelligence Service era John le Carré, che nel 1961 quando era ancora in servizio, aveva esordito con Chiamata per il Morto.

Nel 1963 scrisse La Spia che Venne dal Freddo, storia di tragico realismo, ben lontana dal glamour di 007, soprattutto nella splendida trasposizione cinematografica con Richard Burton. Ma dal 1949 anche il francese Jean Bruce pubblicò una serie di romanzi con un protagonista, OSS 177, definito il prodromo di Bond.

Se questi sono stati i maggiori scrittori di spy story di quegli anni, ben diversi furono i loro personaggi, che passavano dal realismo senza speranza di le Carrè all’iperbole di OSS 117, alla quasi invulnerabilità di Bond che iniziò la sua vita su grande schermo nel 1962, con Sean Connery.

Harry Palmer, una spia poco convenzionale.

Un suo spazio diverso se lo ritagliò Len Deighton, che nel 1962 scrisse il libro La Pratica Ipcress, seguito due anni dopo da Funerale a Berlino. Al romanzo nel 1965 era seguito il film, diretto da Sidney J. Furie, con un protagonista già allora d’eccezione, Michael Caine, in quegli anni lanciatissimo. Sull’argomento non possiamo non nominare il film Va’ e Uccidi del 1962, tratto dal romanzo di Richard Condon (titolo originale The Manciurian Candidate, come sarà intitolato il remake del 2004).

L’argomento in comune erano i condizionamenti mentali ottenuti attraverso metodi sperimentali che mescolavano privazione di sonno, cocktail di sostanza chimiche varie, costanti e fiaccanti violenze fisiche, per rendere chiunque un docile automa in mano al suo “creatore”. Tema al centro della saga Bourne con i suoi cinque film e della conseguente serie tv Treadstone, che parlava del programma di condizionamento originale, del famoso “lavaggio del cervello” che oggi sembra essere molto più economicamente effettuato attraverso internet. Arriva adesso in streaming una nuova lettura di quel soggetto, con il titolo Harry Palmer: il caso Ipcress.

Nella Berlino del dopoguerra il giovane Caporale Palmer traffica attivamente nel mercato nero, per il suo interesse economico, per beffarsi dei suoi supponenti e classisti vertici, per ridistribuire anche una parte del suo malloppo in nome di una sua personale giustizia poetica. Ma da lontano qualcuno ha messo gli occhi su di lui. Arrestato e incarcerato a Londra, viene arruolato come cane sciolto (troppe le talpe comuniste in MI5 e 6), per ritrovare uno scienziato nucleare rapito. Il suo reclutatore/mentore è il Maggiore Dalby, personaggio dalla soave ambiguità, che ha come tutti molti scheletri nell’armadio, ottimamente affidato a Tom Hollander.

La delicata Lucy Boynton, imprevedibile spia di buona famiglia.

Il nemico ha però più di un volto. Mentre indaga con i suoi metodi anticonformisti, Palmer è affiancato da una giovane e affascinante spia, la bionda e impeccabile Jean, ragazza di buona famiglia destinata a diventare una good wife e basta, ben intenzionata invece a prendere in mano il proprio destino. Siamo infatti nei primi anni ’60, in cui Londra non era ancora swinging e l’atmosfera era cupa e repressiva e le divisioni di classe insuperabili.

Mentre l’indagine si dipana attraverso varie capitali, da Londra a Berlino e Beirut, si delinea un disegno ben più vasto e pericoloso, in nome del quale qualunque crudele manovra sarà giustificata, specie se ci sono da coprire altre talpe insospettabili. Sullo sfondo i difficili rapporti fra servizi segreti inglesi e CIA, dalla velata ostilità.

La serie scritta da scritto da John Hodge (Trainspotting) ricostruisce e restituisce con precisione lo spirito del tempo, attraverso sceneggiatura e costumi e anche certe tonalità della fotografia, senza trascurare una precisa costruzione dei personaggi. Ottima scelta anche fisiognomica per Joe Cole (Peaky Blinders, Gangs of New York), Hollander ineffabile come sempre, molto sixties la blonde (tutt’altro che dumb) Lucy Boynton. Regia di James Watkins (McMafia) per tutti gli episodi, volutamente citazionista fin dai primi fotogrammi del primo episodio (per chi ne avesse voglia, consigliamo un recupero del vecchio film).

Palmer sottoposto al “trattamento”.

Harry Palmer: il caso Ipcress si è rivelata una piacevole sorpresa, una serie quasi “in costume” che non tradisce lo spirito del romanzo, mentre parla di condizionamento mentale, di tradimenti, di inganni e menzogne, di folli piani per impadronirsi del mondo. Argomenti per niente datati, anzi mai come oggi all’attenzione di tutti.

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Giuliana Molteni

Contributor

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