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Rocket Arena - prova

“Quando un uomo con il lanciarazzi incontra un uomo con il lanciarazzi...”

Quella del "rocket-jump" è una tecnica che può vantare radici profondissime nel mondo degli sparatutto. I cecchini più navigati ricorderanno senz'altro l'età dell'oro di Quake, che fu il primo titolo a implementare un motore fisico capace di regalare sostanza alle onde d'urto, permettendo ai giocatori di sfruttare le esplosioni per spiccare un balzo verso l'infinito.

Nel corso degli anni, i lanciamissili hanno conquistato le arene più folli nell'universo degli shooter, devastando l'inferno di Doom e spaventando i concorrenti di Unreal Tournament, facendo sorridere il Soldato di Team Fortress e consentendo a Pharah di dominare i cieli di Overwatch. Ma cosa accadrebbe se un intero videogioco venisse sviluppato attorno ai razzi e alle meccaniche di rocket-jump? La risposta a questa domanda risiede in Rocket Arena, il primo folle progetto di Final Strike Games.

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Sappiamo già cosa state pensando. Quando un titolo si presenta sulle nostre pagine sfoggiando un colorato stile cartoon che sembra mescolare le movenze di Sunset Overdrive alla classica estetica di Fortnite, in molti gridano all'ennesima operazione creata a tavolino per penetrare il mercato di massa dei moderni sparatutto. Ma se è vero che Rocket Arena è caratterizzato da toni accesi e da ritmi freschi, è ancor più vero che si tratta di un'esperienza dannatamente divertente.

Crater. È questo il nome che gli sviluppatori hanno scelto di assegnare all'universo del gioco, un mondo in cui vige solamente una legge: quella dei razzi. Niente armi "hitscan", niente cecchini né mitragliette con cui folgorare gli avversari a suon di headshot; bisogna prendere la mira e sparare un singolo missile, pregando per interminabili frazioni di secondo che esploda proprio in faccia al nemico sospeso a mezz'aria.

Esattamente, perché è molto difficile imbattersi in qualcuno con i piedi ancorati a terra. L'intero sistema di movimento è ricamato attorno alle classiche meccaniche di rocket-jump, che permettono ai giocatori di spiccare il volo in qualsiasi momento e addirittura di scalare le pareti attraverso una sorta di "rocket-climb". Il risultato è che i cieli delle arene si trasformano rapidamente in una pioggia di fuoco governata dal caos più totale.

Le mappe di Rocket Arena sono verticali, folli e molto ben disegnate. Ma ammirarle dall'altro significa essere spazzati via e finire KO.

Meccaniche già viste, penserete voi. Ma c'è un'informazione molto importante che non vi abbiamo ancora svelato: in Rocket Arena, infatti, non esistono i danni. Già, anche noi all'inizio abbiamo faticato a comprendere. Il sistema ideato da Final Strike Games è molto simile a quello che governa i combattimenti di Super Smash Bros: quando si è colpiti da un missile non si viene semplicemente sbalzati lontano, ma si accumula "knockback" lungo un apposito indicatore sempre visibile.

Ciò significa che mettendo a segno diversi colpi in rapida successione l'avversario viene scagliato a una distanza sempre maggiore, fino ad arrivare inevitabilmente a schiantarsi contro i confini dell'arena o a precipitare nel vuoto, e sarà solo allora che si potrà considerare sconfitto. Ciascun duello si trasforma in una danza a base di razzi ed esplosioni in cui spiccar balzi, schivare all'ultimo secondo e sferrare contrattacchi fulminei, conservando qualche missile per arrampicarsi in caso di caduta.

Ma questa è solo la punta dell'iceberg, perché Rocket Arena scaglia sei diversi Eroi nel vivo di quattro modalità di gioco piuttosto diverse dalla tradizionale esperienza degli shooter. Relegando il classico deathmatch - qui chiamato Knockout - a un ruolo di semplice comprimario, il titolo di Final Strike tenta una strada diversa, esplorando le sponde dell'hero based shooter e introducendo obiettivi quantomeno strambi, come ad esempio la variante Mega Rocket del classico dominio.

La modalità Tresure Hunt è l'esempio perfetto per sottolineare l'originalità delle meccaniche: quante volte, in uno shooter, avete ignorato completamente i nemici?

Se nelle partite di Rocket Ball bisogna conquistare una palla, passarsela a vicenda e tentare di andare a canestro secondo uno schema che ricorda molto da vicino il celebre Grifball targato Halo, negli insoliti match di Treasure Hunt l'obiettivo è invece quello di raccogliere più monete possibile, prima assicurandosi il controllo di un enorme forziere e poi esplorando i quattro angoli dell'arena a caccia di dobloni d'oro.

Insomma, si tratta di un mix molto particolare fra meccaniche da shooter in terza persona e ispirazioni in stile party-game, senza contare, ovviamente, l'impatto dei singoli eroi. I sei protagonisti di Rocket Arena mettono sul piatto le solite abilità ormai viste e riviste nei confini del genere, ma c'è da dire che riescono a differenziarsi discretamente dagli standard imposti attraverso Overwatch e Valorant.

È vero, vi abbiamo detto che Rocket Arena è interamente basato sui lanciamissili, ma ciascun eroe può fare affidamento su una variante personalizzata; Boone, ad esempio, sfrutta un'arma che ricalca il feeling dello shotgun e del fucile di precisione, mentre l'affascinante Rev, a bordo del suo hoverboard, è equipaggiata con una sorta di mitragliatrice lanciarazzi. Il pirata Blastbeard spara lente e letali palle di cannone, la bella Amphora apre ai colpi caricati, mentre l'esotica Izell preferisce affidarsi ai giavellotti.

L'estetica di Crater ben si sposa con le meccaniche di gioco, e il design delle mappe è perfetto per gli scontri a base di missili.

Quest'equazione apparentemente lunga e complicata da vita a un titolo facilissimo da prendere in mano - basta una singola partita per impadronirsi di tutte le meccaniche - eppure abbastanza profondo da solleticare l'attenzione dei giocatori più esperti. Le diverse abilità messe in campo dagli eroi hanno un impatto profondo tanto sull'esito delle battaglie quanto sull'approccio alla navigazione delle mappe, anch'esse caratterizzate dalle stesse tonalità vivaci che hanno fatto la fortuna di Overwatch.

Una volta presa confidenza con i dettami che regolano i cieli di fuoco di Crater, l'apparente caos che investe le partite inizia ad acquistare un senso. La schivata aerea, soggetta a un tempo di cooldown proprio come una qualsiasi abilità attiva, è la migliore amica di ogni giocatore e basta di per sé a decidere l'esito di gran parte dei duelli. Altrettanto importante è sfruttare costantemente rocket-jump e arrampicate per guadagnare il controllo delle posizioni elevate, meglio ancora se la propria squadra riesce a muoversi come un branco di lupi.

Ma per quanto le caratteristiche uniche e la frenesia degli scontri ci abbiano regalato qualche ora di puro intrattenimento, ci sono altrettanti elementi che ci hanno fatto storcere il naso. Su tutti spicca la presenza dell'entry price: basta un singolo sguardo ai menù e al sistema di ricompense interne a Rocket Arena per rendersi conto che si tratta di una formula perfetta per il mercato free-to-play, forte dei suoi oltre 350 elementi cosmetici; capite dunque lo stupore che ci ha accompagnato scoprendo che il titolo esordirà il prossimo 14 luglio a partire da circa 29 euro.

Ecco una Rev intenta a svolazzare sul suo hoverboard: se non utilizzerà la schivata in tempo, sarà senz'altro scagliata via.

Tralasciando la formula anacronistica per l'epoca delle skin e dei pass battaglia, l'offerta nel suo complesso risulta piuttosto risicata, specialmente se confrontata con gli ultimi rivali ad affacciarsi sul mercato, fra lo sfortunato Bleeding Edge e l'inavvicinabile Valorant. È pur vero che Rocket Arena sarà aggiornato gratuitamente secondo i dettami dei moderni live games, ma a maggior ragione non riusciamo a scrollarci di dosso l'idea di trovarci al cospetto di un mancato free-to-play.

Final Strike Games è uno studio carico di veterani dell'industria, e la grande esperienza del team traspare da tutti gli elementi del titolo, dalle meccaniche di movimento fino al design degli eroi, dalla splendida struttura delle mappe fino alla colonna sonora; ci dispiacerebbe, di conseguenza, assistere a un revival di Titanfall 2, ovvero a un lancio penalizzato da decisioni disgiunte dall'ecosistema di sviluppo.

Rocket Arena ha dalla sua parte l'originalità dei sistemi di gameplay, un cast di personaggi frizzanti e una selezione di modalità innovative, elementi che riescono a brillare perché sostenuti da un solido comparto tecnico e da un eccellente lavoro di ottimizzazione. D'altra parte, siamo arrivati al punto che per decretare il successo degli shooter hero based servirebbe ben più di una semplice sfera di cristallo, e siamo convinti che Electronic Arts debba tentare di rivolgersi al maggior numero possibile di videogiocatori.

Durante il nostro viaggio a Crater ci siamo persi fra decine di partite al cardiopalma, mettendo a segno sempre più razzi e padroneggiando la meravigliosa Amphora, segnando qualche canestro e raccogliendo centinaia di dobloni, spiccando balzi chilometrici e mettendo fuori gioco decine di avversari. Rocket Arena è puro e semplice divertimento, ma per esprimersi al meglio ha bisogno di tanti giocatori: la speranza è che Final Strike riesca a catturarne abbastanza nella sua rete.