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Death Stranding - recensione

Give me your hand in Life, give me your hand in Death.

Death Stranding chiude la discussione sul valore artistico del videogioco, conquistandosi uno spazio sul podio della gen.

Death Stranding è un titolo di cui già i soli concepimento e sviluppo hanno fornito materiale per decine e decine di articoli, editoriali, approfondimenti e analisi in ogni lingua in tutto il mondo e che, vi possiamo già anticipare con sicurezza, regalerà spunti di discussione anche per molto tempo dopo il suo rilascio.

Parte della "colpa" per questa situazione è d'addebitare all'autore stesso, nonché fondatore della software house sviluppatrice del titolo: Hideo Kojima. Figura iperattiva sulle piattaforme social a diffusione globale, l'uomo è a capo di direzione, sceneggiatura, produzione, design del gioco e scrittura di Death Stranding. A differenza di molte altre software house, Kojima ha sempre "messo la faccia" in tutte le dichiarazioni e informazioni rilasciate sul titolo: il peso di ogni sua foto su Instagram o su Twitter, anche nel caso d'innocenti (forse) update su cosa stesse mangiando quel giorno in ufficio, hanno sovralimentato la macchina dell'hype e del giornalismo scandalistico, generando intorno all'uomo un'aura di misticismo a tratti pericolosamente simile a quello di un antico oracolo della tradizione misterica.

È plausibile che Kojima, una volta presa coscienza di quanto importanti apparissero agli occhi del web le foto delle sue nuove action figure di Godzilla e Ultraman, abbia fatto nulla per fermare tutto ciò e anzi, non è affatto da escludere che si trattasse proprio di un "grande piano" per dimostrare qualcosa che all'interno del mondo di Death Stranding è drammaticamente presente, una diretta conseguenza di quanto l'interazione digitale abbia cambiato in modo radicale la maniera di comunicare, amare e odiare della società.

Comunque, trattandosi d'Hideo Kojima, è probabile che la verità non verrà mai a galla.

Cover image for YouTube videoDeath Stranding - RECENSIONE

Ciò che è certo, però, è come e quanto Death Stranding abbia catalizzato intorno a sé più curiosità che vero e proprio interesse, anche da parte dei "passanti del web", persone che si sono fermate a osservare gli aggiornamenti sul gioco senza reale conoscenza pregressa dell'autore, delle sue opere passate e del suo modus operandi: "Hideo Kojima fa uscire un gioco ogni dieci anni" è solo una delle tanti false etichette finite sul pacchetto Death Stranding, titolo oggettivamente mostrato e presentato in maniera atipica per gli standard commerciali di un AAA, ma che è stato prodotto e concluso con tempistiche che hanno stupito la stessa Sony Playstation, riuscendo contemporaneamente a demitizzare l'idea che Kojima sia un autore incapace di creare qualcosa di nuovo, di diverso dalla Metal Gear Saga e altrettanto grandioso.

Se in passato avete letto su queste pagine articoli carichi di comprensibile perplessità circa l'effettiva identità o unicità di Death Stranding, è arrivato finalmente il momento di trovare una risposta. E molte altre domande.

Lo sviluppo di Death Stranding incarna lo spirito del gioco stesso: fin da prima del suo annuncio nel corso dell'E3 2016, Hideo Kojima ha viaggiato in lungo e in largo per il mondo, incontrando attori, registi, compositori, band musicali e, ovviamente, software house come Remedy (Control), CD Projekt Red (Cyberpunk 2077) e Guerrilla Games (Horizon Zero Dawn): quest'ultima è arrivata a siglare un accordo con Kojima Productions per l'impiego del Decima Engine nello sviluppo di Death Stranding.

Non dimentichiamo poi le varie interviste, viaggi di piacere e partecipazioni come ospite a fiere e raduni videoludici in ogni continente; una dimostrazione, questa, di come Hideo Kojima abbia preso veramente a cuore il proprio primo progetto da creatore indipendente, dimostrando non solo a parole, ma anche con fatti, che il messaggio del suo videogioco va ben oltre la mera narrativa del medium e riguarda tutti noi, il nostro mondo, il nostro quotidiano: solamente se unita, l'umanità può sopravvivere, ma soprattutto vivere. Spesso ci si ritrova "morti" senza neppure saperlo, consumati da legami sbagliati, tossici, pericolosi; bisogna quindi avere il coraggio di "tagliare il cordone ombelicale", liberarci dai vecchi legami e crearne di nuovi, superando la paura dell'ignoto e della diversità che rende ogni essere umano unico. Perché una vita in solitudine, coperta di cavi ma senza nemmeno una stretta di mano o un abbraccio, non è vera vita.

Le prime ore di gioco risultano dense di avvenimenti e filmati emotivamente potenti.

Tutto questo Sam Porter Bridges lo proverà sulla propria pelle più e più volte, insieme agli altri membri del cast: ciascuno sperimenterà una potente, quanto simbolica evoluzione psicologica nel corso della storia che, insieme a una scrittura magistrale di dialoghi e linguaggio del corpo, rende ogni personaggio una figura incredibilmente viva, con la quale il giocatore riesce a empatizzare e, perché no, specchiarsi. Una delle magie di Death Stranding è proprio quella di permettere a ognuno di scegliere il proprio beniamino, il comprimario che più degli altri ha affinità con i propri trascorsi di vita e con cui è più istintivo creare un legame.

Narrativamente, Death Stranding ha un incipit brutale, poco user friendly: si viene catapultati all'interno di una storia già avviata, dove il Death Stranding e le CA (Creature Arenate) sono ormai il quotidiano per gli sparuti sopravvissuti al disastro globale. Non viene mostrata una datazione del tempo presente, non si conosce il destino del resto del mondo e tutti i personaggi a schermo non fanno che nominare eventi, tecnologie e poteri che il giocatore sarà "costretto" ad apprendere gradualmente man mano che avranno luogo i numerosi dialoghi e corpulenti filmati. Avanzando nella missione principale, suddivisa in capitoli, viene messa a disposizione una mole ancor più imponente di approfondimenti su trama e folklore, sotto forma di trascrizione d'interviste e email; pur piangendo lacrime amare per la mancanza di qualcosa di simile alle splendide audiocassette di The Phantom Pain, è chiaro che la scelta di posizionare gli "spiegoni" in un archivio testuale parallelo alla narrazione principale sia stata funzionale alla scorrevolezza della storia, che sarebbe finita schiacciata sotto il peso di un mondo di gioco incredibilmente complesso. Non nascondiamo comunque un rimpianto per la mancanza di file audio da ascoltare liberamente durante l'avventura.

Death Stranding rappresenta ovviamente un progetto indipendente, a sé stante, ma l'influenza horror e nello specifico dell'orrore psicologico tipico di Silent Hill, già più che accennata nell'ultimo Metal Gear Solid, in questo caso sfiora diversi aspetti del gioco, dal prototipo di antieroe che è Sam, proseguendo con lo stile di diverse tracce della colonna sonora originale, accompagnate da alcune delle splendide (e nient'affatto casuali) composizioni di gruppi musicali quali Chvrches, Silent Poets e Low Roar. Anche la caratterizzazione delle figure femminili, soprattutto durante i primi capitoli, mostrano tratti di bellezza e angoscia, di guida virgiliana e mistero, di forza e sofferenza tipici dell'horror di casa Konami.

I fondamenti della trama di Death Stranding pescano a piene mani da numerosissime opere e branche della cultura umana, da scienza e fantascienza, proseguendo con la filosofia, la religione, l'esoterismo, la sociologia e, ovviamente, la storia e la politica. La stragrande maggioranza degli elementi presenti nel gioco sono reali, ma, come già accaduto con la fantastoria della Metal Gear Saga, rimescolati, riposizionati e reinterpretati per la creazione di una cosmologia originale, complessa e ben più concreta e "materiale" di quanto i trailer avessero fatto credere alla maggioranza del pubblico.

Tra una consegna e l'altra, è buona educazione salutare i MULI della zona con sonori pugni e calci.

Sono numerosi i parallelismi possibili con il Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno, che Kojima aveva già in buona parte introdotto e rivisitato nel secondo Metal Gear Solid, Sons of Liberty; tuttavia, in Death Stranding si percepisce a tutto tondo la maturazione dell'autore, che qui e oggi ripropone i temi della connessione e dell'isolamento umano, ma con una chiave di lettura più universale e meno cinica, forse anche a seguito delle esperienze che egli stesso ha vissuto sulla propria pelle dentro e fuori gli studi di Konami in questi ultimi anni.

Ci sarebbe tantissimo da discutere su questo argomento, ma non vogliamo anticipare altro sulla trama di Death Stranding, visto come il gioco risulti pesantemente story driven nonostante la mappa aperta e le numerose attività opzionali a disposizione.

Ci troviamo quindi davanti al gioco perfetto? Ovviamente, assolutamente no.

Trattandosi di un titolo sviluppato in circa tre anni, Kojima Productions ha tirato fuori un piccolo, grande miracolo del medium videoludico presente, passato e probabilmente futuro: Hideo Kojima stesso ha dichiarato d'aver incontrato diversi studi di sviluppo prima di decidere che il motore grafico di Guerrilla Games fosse la scelta perfetta per il suo nuovo progetto e abbiamo infatti un utilizzo magistrale del Decima Engine, che aveva già mostrato i muscoli in Horizon Zero Dawn, ma che oggi ha avuto modo di dare il meglio di sé anche nelle ambientazioni naturali e fotorealistiche di Death Stranding. Il colpo d'occhio è notevole e la distanza dell'orizzonte impressionante: è possibile individuare persone e carichi smarriti davvero lontani dal giocatore, il tutto senza che vi siano fastidiosi e anticlimatici pop-up.

Il modello di Cliff (Mads Mikkelsen) è probabilmente quello dalla miglior resa fotorealistica.

Nonostante qualche texture a bassa risoluzione tra le rocce meno in vista e una qualità delle ombre ambientali non sempre eccellente, Death Stranding contrattacca con un framerate ancorato ai 30fps su console PS4 Pro e caricamenti estremamente rapidi e poco frequenti, a conferma di quanto il Decima Engine si comporti bene su console Sony. Poco o nulla ci è dato sapere sulla versione PC, prevista per un generico Estate 2020, ma speriamo in un grande ritorno del leggendario muschio tanto esaltato dall'autore in passato, che più di ogni altro elemento grafico ingame sembra aver subito il collo di bottiglia dell'ottimizzazione.

Nulla da dichiarare per quanto riguarda filmati e inquadrature ravvicinate: il dettaglio dei modelli e delle loro animazioni raggiunge un livello che ad oggi davvero pochi titoli possono vantare; in particolare la resa visiva di Cliff, il personaggio interpretato dall'attore e modello danese Mads Mikkelsen, è probabilmente quella più sconvolgente, sia per realismo espressivo che per resa complessiva.

Tutto questo senza dimenticare il lavoro magistrale, iconico, assolutamente unico portato avanti nel design dei personaggi da Yoji Shinkawa e nelle ambientazioni e identità generale del mondo di gioco da Kyle Cooper: ogni logo, ogni struttura e uniforme, ogni arma e pacco sono un gioiello estetico, immediatamente riconoscibile e proprietario di questa nuova, promettente IP.

Le scelte in ambito estetico e fotografico sono affiancate da un altrettanto incredibile sound design, specialmente per quanto riguarda i suoni artificiali: notifiche, scansioni, messaggi automatici, funzionalità dell'Odradek e di tutto l'equipaggiamento, ogni singolo effetto audio di Death Stranding è stato concepito per accompagnare l'avventura del giocatore, senza mai infastidire, anzi, cullandolo nella routine di attività principali e secondarie con la sensazione di essere sempre un po' più "a casa". E se l'allerta delle guardie di Metal Gear Solid è entrato nella storia del videogioco, siamo certi che lo stesso accadrà per Death Stranding, nel - probabile - caso che questo titolo faccia da apriporta a una nuova saga. In ogni caso, non va sottovalutato neppure il valore del silenzio, che assume un ruolo centrale nell'esperienza.

Per Hideo Kojima, Death Stranding è molto più de “Il suo nuovo videogioco”.

Menzione d'onore anche al doppiaggio italiano, affiancato da un'ottima localizzazione di menu e testi a schermo.

Come già intuibile dai diversi trailer mostrati nel corso dei mesi, scopo di Sam e del giocatore è il collegamento delle varie stazioni, città e strutture disseminate nel poco che rimane degli Stati Uniti d'America. Al protagonista viene fornito un dispositivo, il Q-pid, in grado di collegare ciascun nodo alla rete di comunicazioni e servizi, conosciuta come Rete Chirale: una volta attiva, questa permetterà al segnale di spingersi sempre più verso ovest, fino alla riconnessione completa del paese, dando accesso alla popolazione a una esorbitante quantità di dati, conoscenze e libertà di comunicazione, senza considerare i vantaggi offerti dall'utilizzo delle stampati chirali, iperfuturistiche stampanti 3D che se connesse alla Rete potranno realizzare in una manciata di secondi strutture complesse e perfettamente funzionanti, così come edifici e macchinari indispensabili per tornare a una quotidianità sostenibile e quasi ordinaria, ormai dimenticata a causa del Death Stranding.

La connessione dei vari nodi darà a Sam l'accesso a una rosa sempre più ampia di attrezzatura utile alla sua missione, che non si limita alla riconnessione delle UCA (Città Unite d'America) ma prevede anche il trasporto, recupero e/o ritiro di materiali e risorse necessarie ai Centri di Distribuzione per il benessere della popolazione e delle infrastrutture sparse per il territorio.

Così presentato, Death Stranding sembra quasi un gestionale, o comunque un titolo in cui c'è poco da fare, se non muoversi in menu complicati e mappe di gioco ridotte a corse ad ostacoli per il trasferimento dal punto A al punto B di questo o quel pacco. In verità, le destinazioni in Death Stranding sono solo parte dell'esperienza, che si focalizza invece sul viaggio: è piena libertà del giocatore scegliere se imbarcarsi in missioni secondarie per ricevere qualche Mi Piace in più dai nostri destinatari o ignorare del tutto quelle strambe e pretenziose richieste di vodka, intimo elegante e pizza appena sfornata [un suggerimento? Non fatelo N.d.R.]; puntare all'obiettivo scalando montagne e guadando corsi d'acqua o aggirare gli ostacoli per un viaggio più lungo e più sicuro; correre dritti verso l'obiettivo rischiando il collo (e i colli) o prendersela con più calma, ammirando il panorama e sorseggiando una Monster Energy con un occhio sulla strada e l'altro verso il cielo, alla preoccupata ricerca di un arcobaleno rovesciato.

A un primo impatto, i menu di gioco possono risultare estranianti, soprattutto ai giocatori occasionali.

I pacchi da consegnare avranno dimensioni e pesi diversi, di cui il giocatore può organizzarne il posizionamento sulle proprie spalle e altri mezzi di trasporto, in cerca dell'equilibrio utile a questa o quella traversata. Diversi terreni avranno bisogno di diversi approcci e l'Odradek può anticipare errori in cui i corrieri inesperti rischiano di cadere. Avanzando con l'avventura, invece, si creerà una simbiosi con l'animato e amichevole strumento; l'esperienza accumulata durante la traversata verso Ovest non ne diminuirà però il valore, in quanto Death Stranding potenzia ed amplia l'impiego di ogni strumento con la prosecuzione dell'avventura, aggiungendo nuove sfide e opportunità per ottenere "la consegna perfetta". La mappa e i terminali della rete offriranno sempre diversi obiettivi e diversi ostacoli, a seconda dell'ordine selezionato: alcuni saranno fragili, altri urgenti, altri semplicemente impossibili da trasportare per un solo uomo. Se quell'uomo non si chiama Sam Porter Bridges.

Quello che sulla carta può sembrare un processo meccanico, ripetitivo e poco ispirato, all'atto pratico riesce persino a creare assuefazione nel giocatore, grazie alla costante sensazione di accomplishment, di realizzazione che ogni singola azione ingame regala, a cui si aggiungono i continui potenziamenti, accessori di personalizzazione e nuovi equipaggiamenti che il miglioramento della Rete Chirale offrirà come ricompensa per l'intera durata della lunga campagna principale.

La spesso sopravvalutata coltre di mistero e segretezza non ne ha quindi alterato l'essenza ludica: parliamo di un titolo che miscela simulazione ed arcade in modo folgorante, con ambientazioni e tempi di spostamento realistici affiancati da meccaniche di gioco e strumenti assai "giocosi".

Death Stranding fa uso del simbolico Odradek sulla spalla dei corrieri in modo a dir poco acuto: è uno scanner topografico, un radar, una torcia e un compagno, ma non è il solo.

Cover image for YouTube videoDeath Stranding | Trailer di lancio | PS4

Sam avrà con se delle "manette", un simbolo della Bridges che funziona da HUD olografico e menù in grado di creare waypoint, gestire tutte le opzioni e farti sentire "unito" agli altri. Al contrario dei menu, di cui parleremo a breve, l'hud presenta uno stile minimale e pulito, senza dati invasivi: si può morire dissanguati, perdere conoscenza dopo aver ricevuto troppi colpi, soffocare per dei gas irrespirabili; le batterie possono scaricarsi e il peso diventare eccessivo, il vigore può scendere a livelli critici al punto da impedire a Sam di muoversi finché non avrà riposato, ma tutto appare a schermo in modo diegetico, sempre immediato.

Escludendo ulteriori approfondimenti sull'endgame e un approccio puramente parametrico al gameplay, vogliamo evidenziare ancora una volta come il viaggio sia, concretamente, Death Stranding. L'immaginario creato da Kojima Productions è potente, immediatamente riconoscibile dall'entrata delle basi Bridges con la fase di sterilizzazione, fino al "riposo del guerriero" che i corrieri si concedono tra un viaggio e l'altro, all'interno di luminose e asettiche stanze private.

"Il futuro è nelle nostre mani". Citando il prof. Francesco Careri: "L'Homo Ludens vorrà lui stesso trasformare e ricreare questo ambiente e questo mondo secondo i suoi bisogni. L'esplorazione e la creazione dell'ambiente verranno allora a coincidere perché l'Homo Ludens, creando il suo territorio da esplorare, si occuperà di esplorare la propria creazione ".

L'intero gameplay concepito da Hideo Kojima gira intorno a questo semplice, ma affascinante concetto: l'Homo Ludens è una delle possibile evoluzioni dell'ormai anacronistica società di Homo Sapiens e solo questa sua predisposizione al cambiamento potrà risollevare un'umanità in pezzi, isolata, vittima di fobie e tendenze autodistruttive. Homo Ludens e Homo Demens, corda e bastone, speranza e annichilimento.

Per la gioia dei fan della Metal Gear Saga, i concept art dei personaggi e delle componenti meccaniche del gioco sono stati realizzati da Yoji Shinkawa.

Ma gli squilibri psicofisici che il chiralium nell'atmosfera ha risvegliato nella popolazione sono solo una frazione delle minacce che incombono sulla missione di Sam e della Bridges: i MULI, uomini patologicamente affetti dal bisogno d'essere socialmente utili e dunque proni al furto di carichi assegnati ad altri corrieri, terroristi e Creature Arenate faranno del loro peggio per ostacolare il nostro viaggio verso Ovest, alla ricerca della misteriosa Amelie e del completamento della Rete Chirale; non saranno da meno le condizioni ambientali avverse e quasi imprevedibili di un mondo dove Vita e Morte tendono a sconfinare e dove una tempesta di cronopioggia nel momento sbagliato è in grado di distruggere rapidamente carico e attrezzatura.

Sam possiede una capacità particolare che lo rende un Riemerso, uno dei pochi al mondo: se ucciso o divorato da una CA, la sua anima si ricongiungerà al corpo poco dopo aver raggiunto la Spiaggia, il luogo di passaggio per il raggiungimento dell'aldilà; per accattivante che possa apparire come talento, un Riemerso è condannato a sopravvivere ai propri errori e fallimenti e vi garantiamo che aggirare un cratere apparso nella mappa in seguito a una sconfitta contro una CA può risultare davvero umiliante... oltre che scomodo, nel caso in cui il cratere in questione renda più lento il trasporto dei carichi da una zona all'altra.

Per sua fortuna, Sam potrà contare su molti validi alleati, tra membri della Bridges in grado di fornirgli attrezzature sempre più performanti e progetti di veicoli e infrastrutture indispensabili per attraversare il continente. Non dimentichiamo poi BB-28, uno dei misteriosi Bridge Babies classificati dalla Bridges come "attrezzatura", in grado di percepire la presenza delle CA e comunicarlo al protagonista tramite direzionamento del radar Odradek.

Tuttavia, il più grande alleato di Sam sarà... se stesso, o meglio, gli innumerevoli altri Sam controllati da altri giocatori nel multiverso, i quali forniranno supporto sia in termini concreti (installazione di generatori elettrici, scale e box postali, costruzione di strade sopraelevate, recupero di pacchi smarriti) che psicologici, posizionando cartelli in giro per il mondo per regalare qualche utile suggerimento e molti sorrisi.

I Bridge Babies sono considerati una sorta di oggetto facente parte dell'equipaggiamento del protagonista.

Lo Strand System, questo il nome del multiplayer cooperativo asincrono di Death Stranding, si è comportato in modo egregio nel corso del nostro periodo di prova pre release: i server si sono rivelati sorprendentemente stabili e abbiamo percepito un buon bilanciamento delle strutture messe a disposizione attraverso l'online, che non andavano a "rompere" il level design degli ambienti e anzi, invogliavano a fare ciascuno la propria parte nella ricostruzione dell'America, un ponte e una consegna per volta.

Unica mancanza rilevante del sistema, al momento, è l'impossibilità di vedere quali giocatori abbiano deciso di stipulare un contratto, un Bridge Link, con il "nostro" Sam (visualizzando quindi in modo permanente le nostre strutture nel loro mondo) per contraccambiare il legame: un ponte dopotutto è formato da due estremità ed è molto strano che qualcuno possa crearne uno nella nostra partita senza che la cosa venga perlomeno notificata all'altro giocatore. A parte questa perplessità, il sistema pare solido e induce il già citato circolo virtuoso nel quale si sente il costante bisogno di fare del proprio meglio, di aiutare sempre di più gli altri e ricevere il loro apprezzamento, ma soprattutto i loro Mi Piace... che in Death Stranding sono il vero e proprio punteggio del gioco e da essi dipenderanno infatti il grado corriere del protagonista e le valutazioni delle sue missioni.

Potremmo discutere ancora a lungo di come questa scelta non sia casuale e faccia ben più di un occhiolino al moderno sistema di social bonding digitale e al modus operandi adottato dallo stesso Hideo Kojima nel corso dell'ancora in corso campagna di promozione del proprio progetto... ma "C'è un tempo e un luogo per ogni cosa! Non ora".

Ciò in cui Death Stranding offre il fianco alle critiche è la componente più tradizionale e meno proprietaria del titolo: il combat system. Si tratta di solo uno degli elementi che compongono l'esperienza di gioco, ma è innegabile che questo sia l'aspetto che più di tutti pare abbia sofferto i rapidissimi tempi di produzione.

L'atmosfera che si respira è eccezionale, con alcuni momenti che sono a cavallo tra Evangelion e Silent Hill.

Sam Porter Bridges, latore del Nuovo Sogno Americano, nel corso del proprio viaggio si troverà ad affrontare svariate minacce, non sempre composte da carne ed ossa. A dispetto di un'arsenale in grado di tener testa persino a quello di Venom Snake e a diverse meccaniche originali del titolo (e lanciare una valigetta metallica di decine di chili in faccia a un MULO regala sempre grandi soddisfazioni), Death Stranding non spinge a variare il proprio approccio alle battaglie per sperimentare nuove strategie, come invece accade nel caso delle spedizioni e delle consegne più complesse; il corpo a corpo non è appagante come gli scontri a fuoco e in linea generale nemici e boss fight non risultano aggressivi come ci si aspetterebbe. Essendo Sam un corriere e non una spia geneticamente modificata e altamente addestrata, il gioco è stato bilanciato per permettere ai giocatori di affrontare buona parte degli scontri anche con un carico pesante sulle spalle, ma la diretta conseguenza di questa decisione è la sensazione che, superate le prime ore d'inesperienza e timore, non vi sia creatura umana o multidimensionale che il taciturno Porter Bridges non possa brutalizzare rapidamente.

Come già accennato, anche i menu di gioco, pur nella loro bellezza stilistica, risultano di difficile lettura e servono almeno un paio d'ore di gioco per abituarsi al sistema di selezione delle missioni e di spostamento del carico: nulla d'ingestibile, sia chiaro, ma da un progetto che ha previsto una modalità Molto Facile appositamente per tutte quelle persone che non hanno mai toccato un videogioco, ci saremmo aspettati una maggiore immediatezza dell'interfaccia.

Un ultimo appunto da fare è quello relativo alla difficoltà generale del titolo: la modalità Normale di Death Stranding potrebbe risultare fin troppo semplice per i giocatori più esperti, soprattutto durante i combattimenti; nel caso rientraste in questa categoria di appassionati, il nostro consiglio è di puntare alla modalità Difficile, in grado di regalare la giusta tensione durante gli scontri a fuoco, nonché unica maniera per ottenere la votazione più alta durante alcune missioni secondarie.

Come volevasi dimostrare, ci troviamo ancora ben lontani dall'aver sviscerato ogni aspetto del Death Stranding di Hideo Kojima, ma speriamo che quanto detto fino ad ora possa aver spianato la strada verso la comprensione di un'opera estremamente, forse fin troppo d'autore, che elude gran parte dei tradizionali canoni di giudizio del medium videoludico puro e semplice.

Death Stranding riesce a toccare tutte le corde giuste, unendo un gameplay semplice nel concetto, ma eccezionalmente sfaccettato nell'esecuzione, a una narrazione registicamente impeccabile, con il giusto equilibrio tra innovazione, citazionismo e autocitazionismo. Si tratta di un titolo sicuramente non per tutti, complice anche la mancanza di una componente multiplayer "tradizionale", ma in grado di lasciare un'impronta fuori dal tempo dentro il giocatore, che una volta conclusa la campagna principale troverà strano, forse persino difficile abbandonare le silenziose terre delle UCA.

È tempo di evolvere: Demens o Ludens? La scelta è solo nostra, e forse in questo mondo e in questa vita non esiste una decisione completamente giusta.

9 / 10

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Death Stranding

PS4, PC

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A proposito dell'autore
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Lara Arlotta

Contributor

Scrive, blatera e videogioca, spesso contemporaneamente e da oltre due decenni. L'unico modo per fermarla è darle da mangiare, ma l'effetto è solo temporaneo. Sono ancora in corso delle indagini confidenziali per comprendere se si tratti di un essere umano o di una credibile riproduzione, inviata nell'era contemporanea da una civiltà eternauta.

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