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NBA 2K23, la recensione

La mancanza di concorrenza fa male….

NBA 2K è una serie talmente longeva e realistica che ha praticamente sbaragliato la concorrenza di giochi simulativi di basket NBA sin dai suoi esordi sul Dreamcast. NBA Live, simulazione di EA Sports che all’epoca era regina incontrastata, ha iniziato a perdere sempre più colpi fino a scomparire totalmente. La stessa sorte è toccata a ottimi outisder come NBA Courtside, NBA di Sony e NBA In The Zone. Ormai NBA 2K è da anni l’unico gioco dedicato al basket NBA.

Questo è un bene perché è effettivamente un prodotto eccellente che di anno in anno viene potenziato con nuove animazioni, trasposizioni, signature move dei giocatori reali, con modifiche al gameplay e alla gestione dell’IA e ovviamente nuove modalità di gioco, tra espansioni delle già presenti e totalmente inedite. Ma è anche un male, perché il gioco è ogni anno sempre più votato al dio denaro delle microtransazioni.

Cominciamo dalle novità e dalle cose buone. NBA 2K23 è dedicato a Michael Jordan, da molti considerato ancora il G.O.A.T. nonostante la longevità di LeBron James e la leggendaria carriera di Kobe, tristemente scomparso recentemente. La Jordan Challenge ci permette di ripercorrere i più importanti momenti della carriera di MJ, cominciando dagli esordi a North Carolina, passando per la prima three-peat, e concludendo con la seconda three-peat sigillata dal leggendario “The Shot”, in faccia a Bryon Russel nelle Finals del 1998 contro gli Utah Jazz di Stockton e Malone.

Ja Morant si ha appresta a schiacciare in reverse.

A essere onesti non si tratta di un’idea originale, in quanto la stessa modalità di gioco era stata proposta in NBA 2K11, seppur con le dovute differenze generazionali e di complessità. Ma siccome la nuova generazione di giocatori non ha probabilmente avuto accesso a quel gioco e verosimilmente non ha a disposizione una PS3 o una Xbox 360, può starci una riproposizione a distanza di tanti anni. Inoltre, si sfrutta la maggiore potenza elaborativa delle nuove piattaforme che consente, oltre a una grafica più fedele, animazioni più convincenti e realistiche che mimano perfettamente le movenze di MJ e le situazioni iconiche che hanno contraddistinto la sua superba carriera. Ed è un piacere ripercorrerla, mette davvero i brividi. Se avete visto e apprezzato la serie The Last Dance su Netflix, ecco questo è ancora meglio. Non c’è dubbio che sia il maggiore fattore per le vendite del gioco.

Tra le altre novità c’è MyEras, un’altra inedita modalità che permette di scegliere quale generazione di NBA giocare in modalità carriera. E così ad esempio potremo giocare nella generazione di Magic e Bird che include Kareem, Moses Malone, e Isaiah Thomas; in quella di Jordan che include Shaq, Malone, Barkley, Hakeem, Penny e compagnia (forse la più bella era NBA di sempre); o quella di Kobe che comprende Dirk, Tim Duncan, AI, e un giovane LeBron. Sfortunatamente, questa è una modalità esclusiva per la current-gen, e con current-gen 2K intende Series X/Se PS5.

Switch e PC non sono considerate piattaforma di generazione corrente. Possiamo capire per la scelta nel caso dell’ibrida Nintendo, per via dei suoi limiti figli di un hardware mobile di 5 anni fa, ma il PC perché? In fin dei conti un hardware PC di fascia media è ormai potente tanto, se non di più quanto le console Series e PS5. Insomma, se volete giocare MyEras, occorre una di queste console, così come se volete giocare la modalità WNBA.

Le partite di altre ere sono rappresentate con filtri e risoluzione bassa per simulare gli apparecchi televisivi di allora. Una scelta che ci piace.

Per fortuna le altre modalità sono presenti su tutte le piattaforme, e sono anche aggiornate e potenziate. In MyCareer abbiamo nuovamente la possibilità di fare una carriera creando da zero il nostro alter-ego e facendolo giocare sia in modalità di gioco convenzionali partendo dalla scelta del draft, che andando in giro per il Quartiere, quest’anno chiamato The G.O.A.T Boat e The City su current-gen.

The G.O.A.T Boat è una splendida nave da crociera di un plurimiliardario appassionato di basket che ha radunato i migliori prospetti da tutto il mondo sulla sua nave che contiene una miriade di campetti (sei da 3v3, sei da 2v2, due da 5v5 e il Galeone 1v1). Il matchmaking è stato migliorato e i tempi di attesa molto ridotti rispetto alle edizoioni precedenti.

Sulla nave troveremo anche negozi di ogni tipo e brand per personalizzare l’outfit, negozi di tatuaggi, palestre e tanti ascensori per passare da un ponte all’altro. Ritornano poi le missioni, che come in un MMO ci permetteranno di interagire con gli NPC e con gli altri giocatori umani per ricevere ricompense e VC (Virtual Coin). C’è persino un accesso diretto alla Jordan Challenge. Premi e obiettivi giornalieri ci aiuteranno a progredire nel corso delle Stagioni, che sono in comune con le altre modalità e durano tutte sei settimane.

Purtroppo giocare con successo senza spendere denaro reale per comprare VC da spendere in potenziamenti, badge e strumenti per velocizzare la progressione, è veramente difficile. A pochi giorni dal lancio si incontrano già personaggi di altri giocatori di livello altissimo e gli 1v1 sono praticamente sempre un massacro. Situazione che si estende anche alle altre modalità, a cominciare da MyTeam.

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MyTeam è il FUT di NBA 2K. Si collezionano carte di giocatori attuali e del passato per allestire la squadra dei sogni. Ogni settimana vengono rilasciati nuovi pacchetti con carte sempre più forti e a ogni stagione si sale di grado passando a carte di tier sempre più alti, fino ad arrivare ai Dark Matter. Quest’anno MyTeam si è presentata con tante novità interessanti che hanno generato non poco hype, a cominciare dalla rimozione dei contratti. Così come ha fatto FUT pochi anni fa, anche NBA 2K23 ha finalmente rimosso i contratti, quindi non c’è più una spesa di crediti per giocare le partite. Questa sulla carta era un’ottima notizia per tutti i cosiddetti No Money Spent Players, che grazie alla loro abilità nel gioco e nel mercato aste si immaginavano già ricchi. La realtà delle cose però è molto diversa e vi spieghiamo perché.

Innanzitutto, si guadagna molto meno da ogni partita e da ogni modalità di gioco. In modalità Dominio, che l’anno scorso era molto redditizia, scompaiono totalmente i premi di crediti e non si ottengono più oggetti facilmente vendibili sul mercato. Ancora una volta, ogni volta che un giocatore quitta nei match online, non riceveremo alcun credito. Quindi, paradossalmente, se spendiamo 20 minuti di tempo in una partita e l’avversario fa un rage quit negli ultimi secondi, riceveremo zero crediti. Tempo perso. Visto che è così da sempre, appare difficile pensare che Visual Concept non lo faccia di proposito.

Il mercato gettoni è pure stato completamente rivisto e se anni fa i gettoni guadagnati permettevano di scambiare per premi vantaggiosi come carte molto forti (specialmente nelle prime stagioni) o oggetti di grande valore scambiabili sul mercato (per esempio i contratti diamond), ora questo aspetto è andato via totalmente. I gettoni servono principalmente a scambiare con dei trofei. Ce ne sono quindici per ogni franchigia, e una volta completata una pagina potremo ottenere una carta giocatore. Sarebbe anche un bel sistema, se non fosse che i trofei si ottengono in maniera random o con un grinding che richiede praticamente un lavoro a tempo pieno.

La Nave GOAT è ideale per andare in giro a fare baldoria e socializzare.

Anche completare gli obiettivi è più difficile dell’anno scorso: ci vogliono molte più partite e tanto tempo a disposizione. I tempi morti tra le partite non aiutano in tal senso: ad esempio, passano circa 20 secondi tra la fine della partita e l’apertura del vault (che ci dà un premio random in stile roulette russa), ed è troppo lenta anche l’apertura dei pacchetti. Ogni settimana escono ne escono di nuovi e chi spende denaro vero per acquistare VC avrà facile accesso alle carte più forti, facendovi sentire decisamente sconfortati: settimane di grinding per diverse ore al giorno annullate da un utente che spende 50 euro e ha tutte le carte più forti delle vostre.

Non tutto è da buttare però. Ci sono anche ottimi miglioramenti. Ad esempio la modalità Unlimited è finalmente valida. Gli anni precedenti era necessario vincere un tot di partite per passare al tier successivo e ad ogni level up si aveva accesso a un premio, con il grand prize finale che era una carta giocatore molto forte. Ma perdendo troppe partite si retrocedeva e l’ultimo tier richiedeva ben 13 vittorie su 13: bastava una disconnessione o una partita laggosa per vanificare giorni di sforzi. Quest’anno è molto meglio: perdendo non si retrocede e si ottengono punti a ogni partita, anche persa.

La modalità clutch introdotta l’anno scorso, che prevede brevi partite da un solo tempo di 5 minuti e tiro da 4 punti, ritorna ed è disponibile anche in versione offline, e ci sono anche nuove modalità co-op per giocare con gli amici. E inoltre è possibile giocare sia offline che online manovrando un solo giocatore, in stile MyPlayer.

Purtroppo però ci sono i soliti problemi di sempre, in primis i server. Il lag è sempre stato un problema determinante nelle partite online MyTeam, con latenze assurde che a volte rendono impossibile tirare e difendere. Questo perché 2K si ostina a non offrire server in tutti i continenti. I server stanno soltanto in America, quindi partite tra giocatori di diversi continenti causano latenze disastrosamente alte che rendono l’esperienza orrenda, o peggio ancora causano disconnessioni.

Myteam richiede più impegno che mai. Difficile essere competitivi senza spendere, a meno di non giocare 10 ore al giorno...

Il che è un mistero, perché ad esempio in The City e MyCareer si può scegliere il server, quindi perché non in MyTeam che è una delle modalità se non la più giocata? Inoltre, quando veniamo accoppiati a un avversario manca ancora inspiegabilmente la possibilità di accettare o rifiutare l’accoppiamento in base alla latenza. Il matchmaking è ancora esclusivamente automatico e senza decisione finale lasciata all’utente.

Almeno ci sono anche buone notizie. In MyTeam viene introdotto il cross-progression, quindi potrete iniziare a giocare su PS4 e passare poi alla versione PS5 mantenendo i progressi e i crediti acquisiti. Questo però non significa che il gioco sia cross-play. I due giochi sono ancora una volta ecosistemi separati. L’importazione dei progressi vale solo per la stessa piattaforma, quindi non si potrà passare da PS4 e Xbox Series X/S. La cosa positiva è che sia versione digitale (da edizione Digital Deluxe in su) che fisica, contengono sia la copia current-gen che quella last-gen. Quindi se avete in programma l’acquisto di una console PS5 o Series nei prossimi mesi, non dovrete preoccuparvi di ricominciare MyTeam.

Lato gameplay, ci sono importanti modifiche al sistema di tiro. L’anno scorso era veramente troppo facile scoccare tiri “green” e praticamente con le carte più forti era sempre canestro, pure se i tiri erano abilmente contestati. Quest’anno il sistema di tiro è più lento ed è più scarso il margine verde, ma è l’eccesso opposto. Ogni giocatore ha la sua meccanica con tempi diversi, ma questa varia anche in base alla situazione, ossia per esempio se siamo coi piedi ben piantati o se scocchiamo un jumper dal palleggio. Ne consegue che è praticamente impossibile prendere ritmo con lo stesso giocatore e non basta conoscerne la meccanica di tiro. C’è troppa inconsistenza. Il problema vero è che il team modifica ogni anno il sistema di tiro ma non riesce mai a trovare un metodo che funzioni davvero.

Pochi secondi prima “The Last Shot”.

Sono stati anche nerfati gli scatti e il dribbling, e ora col nuovo sistema di barre di adrenalina, ogni giocatore ha a disposizione solo tre scatti per possesso, dopodiché continuando ad abusarne inizierà a muoversi male e a perdere palla. Modifica gradita per stroncare i cheeser che l’anno scorso correvano da un lato all’altro del campo sfruttando gli errori di difesa della CPU. L’IA però sembra ancora troppo stupida in certe situazioni, ad esempio venendo ad aiutare senza motivo in post e lasciando quindi liberi puntualmente i tiratori negli angoli, un problema di vecchia data per la serie, che in molti abusano nei match online.

Dal punto di vista tecnico, su last-gen base il gioco gira a 1080p60 durante le partite e 1080p30 nel Quartiere, mentre a 4K60 su console current-gen. Dal punto di vista di animazioni e grafica non c’è la differenza che c’era l’anno scorso, ma ovviamente sulle console di nuova generazione abbiamo anche caricamenti molto rapidi e più modalità di gioco. La colonna sonora invece non ci è sembrata all’altezza di quella delle annate precedenti, è spesso anonima.

Concludendo, NBA2K 23 è ancora una volta il migliore simulatore di basket NBA, ma perché non ha concorrenti. Sulla carta potrebbe offrire molto di più: il potenziale è alto ma è rovinato da meccaniche votate all’acquisto di Virtual Coins. Giocare con successo senza spendere denaro è già difficile in una sola modalità, ci vuole troppo tempo da dedicare al gioco. Non ne parliamo se volete alternare più modalità, si rimane troppo indietro. Numerosi upgrade sono solo allettanti a prima vista, ma poi ci si rende conto che il gioco è migliorato da un lato e peggiorato da un altro. In pratica, Visual Concept fa sempre un passo avanti e due indietro.

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Alcuni problemi sarebbero veramente semplici da sistemare, non è possibile che nel competitivo gli utenti facciano abuso già a settembre del 5 fuori e che l’IA non sia in grado di difendere efficacemente, l’unico rimedio è passare a zona e cambiare ogni volta giocatore per cercare di anticipare i passaggi. Cosa c’è di simulativo in tutto questo? Nonostante ciò, il gioco è abbastanza godibile se sapete come gestirvi o se non cercate a tutti i costi di eccellere nel competitivo. Se una modalità genera frustrazione, semplicemente basta passare a un’altra, e fortunatamente la scelta non manca, specialmente su current-gen. Ed è un bene che entrambe le versioni siano presenti sia su disco che in digitale al prezzo di una. Inaccettabile però che il PC sia considerato piattaforma last-gen.

7 / 10