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Ghost of Tsushima - recensione

Nell'ombra non c'è onore, ma c'è fascino da vendere.

Un capolavoro di estetica nelle vesti di un canonico open world ambientato in un inebriante Giappone feudale.

Ottanta impavidi guerrieri, dall'alto dei loro destrieri, mirano all'orizzonte la baia di Komoda. Non basta una flotta di navi a piegare l'irriducibile volontà dei samurai e all'onore non c'è ostacolo. E ecco quindi la vibrazione del Dualshock 4 annunciare la pioggia di fuoco che investe la spiaggia con Jin Sakai, il protagonista di Ghost of Tsushima, che si lancia senza esitazione alla carica del nemico.

Qualche minuto per ripulire un paio di aree - e per saggiare il sistema di combattimento - e facciamo la conoscenza di Kotun Khan, cugino di Kublai, nipote di Genghis e mente dietro all'invasione del Giappone che nell'isola di Tsushima trova il suo primo passo. I clan Sakai e Shimura, imparentati, sono l'ultimo baluardo di salvezza per il Sol Levante, un soffio di speranza come il vento che avvolge la katana del giovane Jin prima del suo misterioso risveglio dalla morte.

L'incipit di Ghost of Tsushima intona perfettamente le note dell'epica nipponica, un'epica dal respiro inebriante. Sin dalle sue prime apparizioni, del resto, il titolo ha calamitato l'attenzione di molti per il suggestivo piglio stilistico e per l'ambientazione, accendendo i motori della macchina dell'hype.

La comunicazione di Sony negli ultimi mesi ci ha offerto una panoramica su molti aspetti del gioco, a partire dalla dicotomia narrativa e ludica che investe il codice del samurai e la via del fantasma, sino alle finezze nelle fasi dell'esplorazione e del comparto artistico. Ebbene, dopo aver sviscerato a fondo l'ultima fatica di Sucker Punch, siamo finalmente pronti a raccontarvi se le sensazioni della vigilia abbiano trovato riscontro in uno dei progetti più attesi di questo nefasto 2020.

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L'invasione mongola del Giappone tardo duecentesca, totalmente romanzata nella sceneggiatura del team di Bellevue, è il crocevia di un racconto che tocca svariate corde, da quelle culturali a quelle emotive. Quella di Jin Sakai è una crociata personale e collettiva, per arginare i fantasmi dell'invasione di un popolo senza scrupoli e per abbracciare quelli del proprio io.

È un racconto di costume e di folclore, che si perde nel grigio sottile del confine tra giustizia e vendetta. È un racconto anche di introspezione umana, di sangue, di lame, di onore e disonore. È un racconto di luce e ombra, semplice ed efficace al contempo.

I meriti risiedono in una scrittura attenta, dai toni coerenti e contestualizzati, che non si perde in frivolezze e che colpisce con l'impatto di alcuni momenti che rasentano il memorabile. La vicenda di Jin ci ha intrattenuto forse più di quanto ci aspettassimo, ed il picco nella progressione verso il finale ha saputo compensare le incertezze nella caratterizzazione di alcuni comprimari.

La recitazione digitale di buon livello ed il doppiaggio giapponese (ma il gioco è disponibile anche in Italiano, parlato e sottotitoli, ndSS), hanno fatto il resto, confezionando un comparto narrativo che non esitiamo a definire per larghi tratti sorprendente.

Le cutscene ripescano inquadrature e torni drammatici tipici del cinema nipponico, che Ghost of Tsushima omaggia pienamente.

Tra le conquiste indiscusse della produzione troviamo anche la conferma a quella che sino ad oggi poteva essere per lo più un'impressione: sì, Ghost of Tsushima è un capolavoro d'estetica. La direzione artistica si eleva ai vertici dell'attuale generazione, offrendo al giocatore il dipinto in movimento di una natura viva, eterogenea e seducente. I contrasti cromatici abbracciano la varietà della flora dell'isola e dei microclimi.

Le tracce umane sembrano quasi macchie nell'immensità di un panorama incontaminato. Si riscontrano negli accampamenti, nei tizzoni dei fuochi da campo, nei bivacchi, nelle tenute e persino nei cimiteri. Negli innumerevoli pilastri, eretti in tutta l'isola dal primo jito in onore dei samurai che sacrificarono la loro vita per la pace e la prosperità di Tsushima; nei santuari di Inari, simboli di abbondanza e protetti dalle volpi messaggere; nel fuoco dei fari, punti strategici di comunicazione e diplomazia con la Cina; e nei santuari Shinto, dediti alla via dei Kami ed arroccati su impervi dirupi.

C'è un fascino soave in ogni luogo e costruzione dell'isola, un fascino che denota il certosino lavoro di ricerca e ricostruzione del team, che ha saputo ricreare con maestria non solo la suggestione storica del Giappone feudale, ma anche un mondo di gioco dinamico e dall'estetica mozzafiato.

Tsushima vi porterà all'esplorazione mossi dalla bellezza fine a sé stessa, finendo quasi per lasciare nel dimenticatoio le ricompense che i vari luoghi celano. Ad immergerci completamente in un mondo di tale portata stilistica contribuiscono alcune scelte di design con le quali il titolo sfida la quarta parete.

La completa modalità foto vi consentirà di immortalare al meglio i sublimi scorci di Tsushima.

Nessuna icona di movimento o interfaccia classica ci accompagna durante l'esplorazione, perché a farlo è la natura stessa. I venti ci indicano la via, così come gli uccelli dorati ci conducono ai punti di interesse e le volpi, dalle loro tane, ai santuari di Inari. L'idea è originale e affascinante, e sacrifica una punta di realismo in nome del coinvolgimento offrendo la possibilità di lasciarsi guidare senza mai aprire la mappa di gioco.

Il tutto è non solo funzionale ad offrire un'esperienza innovativa, seppur facoltativa, in termini di esplorazione; è anche legato ad una precisa scelta di design che premia, con coerenza, il minimalismo estetico che contraddistingue la cultura giapponese.

Ripulire gli accampamenti nemici, comunque, rivela una piccola porzione della mappa, e con essa i punti di interesse che possono essere facilmente individuati e selezionati. Tuttavia si avrà la possibilità di investire i punti tecnica in alcune skill esplorative che consentiranno a Jin di individuare e seguire i venti, che ci condurranno a destinazione anche senza conoscere preventivamente la posizione dei suddetti luoghi nella mappa.

Nel riconoscere i dovuti meriti alla sontuosa direzione artistica di Jason Connell, dobbiamo sottolineare anche il solido lavoro svolto sotto il profilo tecnico. Ghost of Tsushima sfoggia una modellazione poligonale convincente, con oggetti e dettagli anche di contorno ricreati con cura e dovizia di particolari. Il riciclo di taluni asset è sempre presente nella ricostruzione di mondi di gioco così vasti, tuttavia gli interni degli edifici e delle tende degli accampamenti mostrano qui una certa ridondanza.

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Eccezionali sono invece gli effetti di luce che il clima dinamico ed il ciclo giorno-notte riescono a regalare. Il sole del tramonto rifratto nello specchio d'acqua di una risaia, il bianco candido di una distesa di fiori, i campi viola di crisantemi, o ancora il rosso delle caduche foglie d'acero, si esaltano dei benefici dell'High Dynamic Range, capace qui più che mai di dare quel tocco in più.

Persino le performance, quantomeno su PlayStation 4 Pro, si sono rivelate nel complesso stabili, con la perdita di appena qualche frame in sporadiche situazioni di sforzo per l'engine nell'elaborare sezioni particolarmente dense e ricche di effetti particellari.

La ciliegina sulla favolosa torta delle conquiste tecnico-artistiche di Ghost of Tsushima è poi la modalità Kurosawa, che non si traduce solamente nella grana della pellicola in bianco e nero con cui è possibile fruire l'intera avventura, ma anche nelle inquadrature e nello stile registico che accompagnano alcune scene. Una celebrazione aperta ed esplicita, un omaggio al cinema anni '50 e al maestro Akira Kurosawa per il genio e l'influenza esercitata sulla cinematografia occidentale.

Così come per il suo substrato artistico, Ghost of Tsushima non disattende nemmeno le aspettative relative al comparto ludico. La matrice è quella di un open world di stampo classico, che non s'inventa sostanzialmente nulla. L'assenza di HUD e l'incommensurabile fascino della ricostruzione di Tsushima sono gli unici elementi di spicco nella somministrazione dell'avventura al giocatore e non fraintendete, non è affatto poco.

Intonare una melodia con il flauto consente di invocare un cambiamento climatico. Potrete persino imparare delle nuove melodie dando la caccia ai grilli canterini.

Tuttavia troviamo anche qui i crismi tipici di una formula di gioco ormai spremuta fino al midollo. I collezionabili sono abbondantemente oltre il centinaio, tra manufatti legati alla cultura mongola, testimonianze che ampliano il background romanzato e vessilli da recuperare per sbloccare nuove selle per il fido destriero.

Ci sono accampamenti da liberare dagli invasori mongoli per rivelare nuove quest secondarie, luoghi d'interesse, mercanti ed artigiani. I fari non sono altro che una rivisitazione delle seminali ed onnipresenti torri d'osservazione sdoganate da Ubisoft, che non mostrano qui porzioni della mappa ma che sono accessorie a uso e consumo del completismo.

I santuari Shinto, poi, sono degli espedienti per inserire delle fasi platform nell'avventura. Per raggiungerli ed ottenere speciali amuleti, infatti, si dovrà sempre scalare un pendio sfruttando insenature, corde ed il fidato rampino. Tutto ciò denota una impostazione derivativa, che riesce a spiccare per la sua coerenza stilistica, per il fascino di un setting magnetico e per il coinvolgimento che esso comporta, più che per particolari guizzi d'originalità nelle meccaniche di gioco.

Nel linguaggio dell'opera di Sucker Punch,ciascuno dei personaggi di rilievo ha poi una propria sequenza di missioni, utili a delinearne i contorni e ad offrire al giocatore un cospicuo numero di ore di gioco, anche al di fuori della vicenda principale. La struttura di tali missioni, tuttavia, lascia spazio a qualche incertezza, giacché il tentativo di riproporre una certa varietà di situazioni si scorge ma fallisce, al contrario della quest principale che presenta missioni ben strutturate e in alcuni casi persino galvanizzanti. La narrativa ed il tentativo di conferire un certo spessore ai personaggi funge così da collante, tra figure più o meno riuscite.

Lo skill tree è piuttosto classico, e vi permette di investire i punti tecnica per sbloccare abilità e mosse del samurai, relative alla pose o allo Spettro.

Di altro respiro sono invece i racconti mitici, che intersecano la fiction di matrice storica di Ghost of Tsushima con lo charme delle leggende del Giappone feudale. Oltre ad intrattenere con miti di spiriti, guerrieri e cimeli leggendari, le storie intonate dai bardi aprono a delle sessioni di gioco decisamente più ricche di mordente e variegate, spesso strutturate su più fasi e con importanti ricompense ad attendere il giocatore.

Presa coscienza della sua struttura ludica convenzionale e di una punta di ripetitività nell'incedere attraverso i racconti secondari, annotiamo anche quanto segue: Ghost of Tsushima, lame alla mano, è tremendamente divertente al punto da obnubilare quasi totalmente le macchie strutturali sin qui citate.

Che decidiate di guardare l'avversario negli occhi o di celarvi nell'ombra seguendo la via dello Spettro, il combat system funziona egregiamente. Nel primo caso la chiave risiede in un sistema capace di ibridare ottimamente tecnicismo ed accessibilità: Ghost of Tsushima, negli scontri melee non è infatti né Sekiro né Assassin's Creed, bensì un efficace unione dei due.

Troviamo varietà e tecnica nel sistema di parate perfette, deviazioni e schivate che consentono l'affondo dei colpi solamente se padroneggiate con il giusto tempismo. Questo concetto si eleva all'ennesima potenza nei duelli, che offrono di gran lunga l'esperienza più tecnica ed avvincente, alla stregua di vere e proprie boss fight.

Presso gli haiku potrete dedicarvi alla meditazione, osservando dei paesaggi suggestivi ed ottenendo nuove fasce.

Al livello maggiore di difficoltà i nemici si faranno trovare molto meno scoperti, e dovrete fronteggiarli utilizzando per lo più i repost e le stance, che sono quattro e con un'efficacia particolare per ciascuna tipologia di nemico.

Acquisire una posa particolare apre a un ventaglio di colpi particolarmente efficaci nello spezzare la guardia, infliggendo anche preziosi danni da barcollamento. La varietà di fendenti ed abilità sarà scandita da un classico skill tree, ad eccezione di un paio di colpi speciali che si rivelano particolarmente efficaci e che ammorbidiscono una difficoltà già di per sé non proibitiva. Questi inoltre consumano i cerchi della concentrazione, la risorsa su cui s'impernia l'inero combat system, utile anche a ripristinare una porzione della barra di salute.

L'ingaggio del nemico è scandito anche da una sequenza accessoria tanto basilare quanto spettacolare, denominata 'confronto'. Rilasciando al momento giusto il tasto triangolo potrete dare il via alla versione orientale dei duelli del Far West, dando il via a una sequenza di istant kill che si riveleranno spesso preziose nel liberarvi agevolmente di una manciata di nemici, prima di aprire la vostra danza di fendenti sulle ali del free-flow.

Nel gioco sono presenti decine di armature, elmi, maschere, fasce e decorazioni per personalizzare la propria estetica e il proprio stile di gioco. Indossando le vesti dello Spettro di Tsushima, chiaramente, il registro cambia abbracciando i dettami di uno stealth game piuttosto canonico, semplice e funzionale.

La personalizzazione estetica investe massicciamente la produzione. Fasce, maschere e kit per le armi saranno decine e decine.

Le Armi dello Spettro vi verranno in aiuto per creare diversivi, celarvi dietro ad un fumogeno, avvelenare il nemico con un dardo e creare il pretesto ideale per sfoderare il vostro 'tanto'. Così come vi verrà in aiuto la costruzione degli ambienti di gioco, che vi consentirà di sorprendere gli avversari insinuandovi nei pertugi sotto alle costruzioni, muovendovi sui tetti od occultandovi nella vegetazione.

Ad accompagnare un sistema snello ed efficiente troviamo una serie di elementi volti a marcare i vari stili di gioco. Le armature, ad esempio, vi forniranno dei bonus specifici, così come gli amuleti che potrete equipaggiare, sino ad un massimo di sei. Questi strumenti, congiuntamente alla possibilità di potenziare le vostre armi, offrono la possibilità di rapportarsi con un sistema di classi embrionale ma comunque fluido e dinamico.

A chiudere il cerchio troviamo un importante quantitativo di skin e di oggetti meramente estetici con cui poter personalizzare l'aspetto di Jin. Fasce, maschere ed eccezionali livree per le nostre fidate lame e per gli archi, ci spingeranno a scovare pilastri, luoghi di meditazione e mercanti utili a placare la nostra fame di personalizzazione.

Dopo aver tastato il terreno e aperto il ciclo PlayStation 4, Sucker Punch lo chiude con una produzione che incarna i canoni di una maturazione artistica importante. Ghost of Tsushima è un videogioco che ripesca gli stilemi nei meandri del settore, confezionandoli tuttavia in un pacchetto dal valore tecnico-artistico inestimabile.

Gli archi sono utili per eliminare gli arcieri nemici, o per cominciare a distanza una sequenza di uccisioni furtive.

Non sarà probabilmente ricordato per la sua originalità, al netto di un combat system divertente ed efficace. Lo sarà piuttosto per le vette che tocca nei valori produttivi, così come per la ricostruzione di un setting seducente, esaltato da una sceneggiatura di primo livello.

Sguainate la katana, samurai: Tsushima vi attende.

9 / 10