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Below - recensione

Determinati a scoprire la verità, fino in fondo.

L'oscurità è senza dubbio uno degli elementi cardine della storia di Below, fin dal suo tribolato sviluppo. È proprio all'oscuro che eravamo rimasti durante questi anni di attesa, che ci hanno separato dall'annuncio e i primi trailer fino all'improvvisa uscita nei giorni scorsi.

Il buio ci ha avvolto nuovamente una volta preso il controllo dell'anonimo avventuriero protagonista, ma ci ha fatto dimenticare istantaneamente il lungo travaglio. Anzi, le prime ore sono state potentissime, e non hanno lasciano trasparire difetti evidenti o il tipico registro da budget di piccole dimensioni.

Si respira subito l'aria di indie coraggioso, di quelli che pongono l'accento sulla parte più artistica e ricercata della trama di un videogioco. Un trattamento che i tripla A non possono più permettersi di rischiare.

Il fatto che Capybara Games non abbia avuto a disposizione risorse infinite esce fuori più avanti, alla lunga, una volta assimilate tutte le meccaniche, e quando quelle da rogue like si fanno più incisive. Durante la prima fase di gioco però, le sensazioni e le emozioni ci attraversano intensamente, proporzionalmente al crescere della nostra attenzione, che Below sa come rapire.

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Niente prologhi, dialoghi, tutorial o spiegazioni: la narrativa di Below è muta eppure molto efficace. Bastano pochi passaggi: il nostro avatar è un avventuriero armato e dotato di una speciale lampada, che sbarca su un'isola in tempesta. Dopo poco troveremo altre barche come la nostra, alcune più grandi, ormai ridotte in frammenti tornati a galla. Quando moriremo la prima volta, arriverà una nuova barca sulla spiaggia, da cui sbucherà un nuovo coraggioso avventuriero.

È quel tipo di trama che lascia tutto nelle mani della nostra curiosità nell'esplorazione e stimola domande da porsi autonomamente. Ad esempio, quelle barche appartenevano ad altri eroi come noi? O c'è un disegno più grande dietro, nelle profondità dell'isola su cui siamo arrivati? E da dove arriviamo? Con queste premesse e con un'interfaccia utente ridotta all'osso, ci avventuriamo in questi oscuri dungeon, piano dopo piano, che spesso si rinnovano grazie alla creazione procedurale.

Da subito avvertirete una certa somiglianza più o meno palese con altri titoli, di quelli che hanno segnato i videogiochi in maniera importante e positiva. La visuale isometrica alta e il piccolo personaggio, così come il combattimento, ricordano i primi Legend of Zelda. I falò e la narrativa silenziosa rimandano a Dark Souls o Ico. Il discendere piano dopo piano è simile ad Hollow Knight e la grafica "flat" con pochi poligoni e texture spesso monocolore sembrano quelle di Monument Valley.

Di certo ci saranno mille altri giochi che usano questi sistemi, ma citiamo volutamente quelli più noti per rimarcare il buon lavoro svolto da Capybara, che non copia ma rimescola le carte in tavola e mostra anche una certa originalità.

La grafica di Below è piacevole ed efficace. La sensazione di solitudine e di fragilità è sempre presente.

Rimanendo sull'aspetto tecnico, Below spicca per la cura riposta nella realizzazione delle fonti luminose che, in un titolo dove il buio la fa da padrone, sono ovviamente importanti. Così come la colonna sonora, che sfrutta pochi effetti sonori e note allungate per creare quella tensione necessaria ad affrontare l'abisso. L'iniziale incedere è poi lento, timoroso, poiché il non poter vedere oltre pochi centimetri dal personaggio ci impone cautela. Un passo falso su una trappola e tutto può finire in un istante.

Entrati nella cima della montagna che sovrasta l'isola dove siamo sbarcati, la esploreremo piano dopo piano, affrontando i pericoli che arrivano dalle strane creature che abitano in questi luoghi e dalle nostre necessità fisiche: fame, sete e freddo possono esserci letali.

C'è infatti anche del survival in Below, che si unisce al crafting dandoci l'ulteriore compito di cercare risorse durante il nostro incedere, oltre che essere abili con diverse armi (sia corpo a corpo che a distanza). Se l'acqua non è un problema poiché penetra tra le rocce e crea pozzanghere dove raccoglierla, la fame è più dura da contrastare. Oltre ai nemici, figure anch'esse oscure armate di cristalli rossi che non vedono l'ora di ferirci a morte, c'è infatti una fauna che possiamo cacciare per ricavare cibo e sopravvivere.

Alcune chicche ci insegneranno man mano che non proprio tutto è commestibile e che bisogna imparare anche qualche ricetta per ottenere ingredienti migliori da mescolare nel pentolone dei falò. Il crafting permette infatti di creare nuove armi di diverso tipo, come frecce incendiarie o vere e proprie bombe, e pozioni più potenti. In più, il sistema di gioco preme parecchio sulla scarsità di risorse e sul nostro senso del risparmio, imponendoci soprattutto nei livelli più avanzati (o meglio più in profondità) di razionare fino all'ultimo bocconcino per non morire di stenti. Qui l'efficacia delle meccaniche survival si scontra con un bilanciamento piuttosto scarso da parte degli sviluppatori, che genera spesso frustrazione quando i brontolii dello stomaco si fanno più frequenti del cibo effettivamente a disposizione.

Si può morire in un lampo o lentamente di stenti, ma ci sarà sempre un nuovo eroe che tornerà sull'isola.

Nel caso in cui l'oscurità riesca infatti a prevalere, perderemo il nostro piccolo eroe e il suo equipaggiamento ottenuto con tanto sudore, che rimarrà al piano in cui siamo deceduti. Così, il nuovo arrivato sulla costa dovrà riuscire a scendere di nuovo al piano in questione e recuperare il recuperabile. Morite senza recuperarlo e questo sarà perso per sempre.

Ricorda qualcosa? Sì, sempre Dark Souls, ma tutto sommato aggiunge quella foga di tornare e ottenere vendetta. Ad aiutarci nell'impresa avremo a disposizione una lampada speciale che sfrutta i frammenti luminosi che i nemici lasciano a terra quando sconfitti, che possiamo utilizzare anche per altri scopi. In alcuni casi è fondamentale per proseguire, e visto che anch'essa dovrà essere recuperata dal cadavere di chi vi ha preceduto, capite bene che questa meccanica ha un suo perché.

Below quindi emoziona ed appassiona, grazie ad un'atmosfera vincente e un gameplay dalle meccaniche avvincenti. Decifrate però tutte le possibilità a disposizione e addentrati abbastanza in basso da capire quanto sforzo sia necessario a rimanere in vita, è qui che si scorgono i limiti della piccola produzione di Capybara Games.

Il combat system non è profondo quanto quello dei giochi a cui si ispira, e la permadeath che dà vita al ciclo di eroi mandati a morire può generare frustrazione e un po' di noia per la ripetitività. Questa spezza il ritmo riflessivo che abbiamo descritto in precedenza, e spinge a corse verso il basso che contrastano decisamente con l'impostazione iniziale.

Una profondità maggiore, unita alla forte atmosfera, avrebbe permesso al titolo di eccellere.

Tuttavia troviamo che Below riesca a sfoggiare tratti di assoluto valore per un gioco indie. Durante il tempo di sviluppo eccessivo si poteva certo riuscire a fare di più, soprattutto in termini di rigiocabilità e profondità dell'aspetto ruolistico, ma almeno non mostra difetti significativi a livello tecnico, come capitato per altri titoli.

Decidiamo quindi di promuovere e premiare Capybara, che con Below ha dato maggiore spazio alla propria creatività come studio, in un portfolio fatto di tanto mobile e IP di terze parti. L'efficacia dell'atmosfera e della sua narrativa priva di testi ci hanno saputo affascinare. Speriamo solo che la prossima volta tutto proceda senza troppi intoppi.

8 / 10

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PS4, Xbox One, PC

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Michele Sollazzo

Contributor

Provenendo dalla leggendaria regione del Molise, non poteva fare a meno di vivere avventure in mondi virtuali. Dopo un'infanzia vissuta tra gli arcade dei bar diventa adulto firmando petizioni per far uscire Shenmue 3. Ora è passato a Outcast 2.

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