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Foretales, la recensione

Un’avventura grafica tutta da scoprire. Una carta alla volta.

Quando parliamo di giochi di carte digitali, il pensiero vola immediatamente a titoli quali Hearthstone, Magic the Gathering, Legends of Runeterra e Gwent. Tutti questi giochi si basano su concetti molto simili di player vs player, con mazzi di carte composti da potenti incantesimi e creature leggendarie che si danno battaglia su plance di gioco, sfidandosi all'ultimo sangue.

Il punto di forza di questi titoli è l’immediatezza, la facilità con cui ci si può immergere in ore ed ore di gioco senza nemmeno accorgersene. Le carte, come strumento di gameplay, hanno il potere incredibile di trasformare un concetto, una serie di regole, in una giocata intuitiva che sebbene richieda tempo e pratica per essere perfezionata, diventa quasi naturale e permette al nostro cervello di concatenare azioni in sequenza per creare una strategia vincente.

Mai però abbiamo visto questa meccanica applicata ad una narrazione, ossia un gioco di carte non più incatenato al duello all’ultima magia, bensì votato alla scoperta di una storia, quasi fosse una favola dai toni cupi.

In Foretales troviamo quattro personaggi in cerca di risposte, esploratori di un mondo che sembra essere uscito dalla mente di Walt Disney e che, per molti aspetti, ci ricorda davvero tanto il cartone animato di Robin Hood, con i suoi animali antropomorfi e un contesto medievale ricco di personaggi davvero interessanti.

Ecco il tavolo delle missioni. Alcune devono essere completate al più presto per evitare conseguenze tremende, come ad esempio salvare il nostro amico Leo dalla prigione.

L’ultima fatica di Alkemi Games è un titolo che, come spesso accade recentemente, arriva silenzioso sui nostri schermi, senza disturbare. Senza fanfare o annunci roboanti. Il nostro protagonista, Volepain, e il suo amico Leo, non sono eroi leggendari o condottieri di eserciti ma due ladruncoli di strada in cerca di qualche lavoretto extra, più illegale che lecito, per racimolare qualche soldo in più.

Il gioco ci getta subito nella mischia, con un tutorial interattivo per spiegarci le varie meccaniche di gioco. Ogni missione è costituita da una serie di locazioni, identificate da delle carte sulla plancia, che i nostri due protagonisti dovranno esplorare e risolvere utilizzando le proprie abilità specifiche, anche queste rappresentate da carte uniche per ogni personaggio.

In aggiunta a queste abbiamo a nostra disposizione anche delle risorse cumulative che possiamo spendere per risolvere situazioni scomode: oro per corrompere le guardie e lasciarci passare indisturbati, cibo per sfamare i vagabondi e ottenere informazioni, segreti da usare per ricattare altri NPC, reputazione per impressionare il nostro interlocutore con la nostra fama, e pura e semplice intimidazione.

Le carte specifiche di ogni personaggio inoltre possono essere usate per eliminare guardie e banditi, nonostante ogni incontro ci dia la possibilità di evitare violenza. Se la via della spada è l’unica opzione, ogni nemico ucciso va rimpolpare un altro mazzo di carte che più cresce in numero, più problemi con le autorità ci può causare, diventando quindi un vero e proprio ostacolo.

Quando selezioniamo una carta da giocare, ogni locazione sulla plancia ci indica il possibile risultato. Dobbiamo quindi scegliere cosa ci conviene di più: cibo, denaro o intimidazione?

Il mazzo delle abilità di ognuno dei nostri personaggi (all’inizio 2, con altri 2 da sbloccare in seguito a missioni successive) non è infinito, e spesso ci troviamo a dover fare campo e riposare per recuperare fino a tre carte per personaggio.

Queste soste sono contate e vanno usate con parsimonia: esaurirle tutte infatti in un singolo scenario, e contemporaneamente finire le nostre carte giocabili, ci porta al game over, attivato anche quando uno dei nostri eroi arriva a zero punti vita. Le nostre abilità di sotterfugio vanno usate oculatamente, con il gioco che quindi ci spinge verso un uso più intensivo delle risorse alternative. Un bilanciamento, questo, a cui ci si deve abituare presto per non incorrere in sprechi di carte laddove non necessari, e una scelta più accurata delle situazioni che andiamo ad affrontare.

Dopo un paio di missioni introduttive il nostro duo dinamico si imbarca in un compito che sembra sulla carta molto semplice: rubare un oggetto da una villa di nobili. Tutto sembra andare per il meglio e, dopo aver trovato l’uscita del giardino labirintico che circonda la magione, finalmente Volepain mette le mani sull’oggetto da rubare. Ma all’improvviso il gioco prende una piega completamente diversa.

L’oggetto della nostra missione è in realtà un artefatto infuso con poteri arcani in grado di fornire visioni a chi la impugni. Visioni però di un futuro tetro, fatto di dolore e sofferenza, con amici catturati e uccisi, la nostra casa distrutta, il nostro villaggio raso al suolo. Un sovraccarico di informazioni e immagini che tramortiscono Volepain, facendolo crollare a terra in uno stato semi-comatoso.

Ogni capitolo include anche quest secondarie (carte dal bordo dorato) che possono essere completate per sbloccare carte aggiuntive per i nostri eroi.

Ci risvegliamo da soli, nel mezzo della foresta, con immagini dolorose ancora vive nella nostra mente: Leo, il nostro compare di sventura, è catturato e imprigionato, e il futuro del nostro villaggio al momento sembra essere terribile e immutabile.

Tutto questo viene trasformato in gameplay tramite una serie di missioni ramificate che si attivano in funzione delle nostre scelte e che possiamo intraprendere nell’ordine che vogliamo, ma che hanno un tempo massimo per essere completate, spingendoci quindi a dare la priorità a missioni specifiche, che talvolta non si allineano moralmente con i nostri sentimenti: aiutare la nostra famiglia intrappolata in una miniera contaminata da forze misteriose oppure salvare il resto del nostro villaggio da incendi e devastazione?

Le nostre scelte hanno conseguenze e, sebbene abbiamo sempre cercato di limitare i danni (e il numero di vittime), talvolta risulta davvero difficile assegnare una priorità alle varie missioni. Tale aspetto però diventa un punto di forza per Foretales, garantendo non solo una discreta rigiocabilità ma permettendoci anche di sperimentare approcci diversi ad ogni missione e una composizione diversa del nostro team (che può schierare 3 dei 4 personaggi in totale), con una conseguente diversa sinergia delle abilità presenti nei mazzi dei nostri eroi.

Non tutte le missioni sono però lineari nello sviluppo e, considerando la casualità delle nostre pescate, sia per le abilità che per le locazioni, a volte ci siamo bloccati, trovandoci costretti a riciclare le stesse locazioni in un circolo vizioso, bruciando carte e risorse importanti, forzandoci pertanto a ricominciare la quest corrente più di una volta, con la speranza in un fato più magnanimo nel fornirci una buona mano da giocare.

Ogni combattimento ci permette di giocare 3 carte per sfoltire i nemici da affrontare, prima di dover cominciare a menare le mani. Se riusciamo a rimuoverne a sufficienza, potremmo addirittura metterli in fuga senza combattere.

Graficamente Foretales sembra davvero uscito dalle matite digitali di un artista Disney, e l’atmosfera “sherwoodiana” di Robin Hood permea ogni singola carta e locazione. Il sonoro aiuta l’immersione in questa favola dai toni quasi dark, con musiche d’accompagnamento sempre piacevoli

Foretales è un buon gioco, un ottimo passatempo che vuole spingere in una direzione originale la narrazione, usando il veicolo del gioco da carte come fulcro dell’intera storia, ramificandosi verso finali e situazioni sempre diversi. Buona la rigiocabilità, come già detto, alternata però talvolta a un filo di frustrazione per la natura randomica delle pescate.

7 / 10

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Alberto Naso

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Appassionato di videogiochi fin dall'infanzia, non sembra voler smettere da adulto. Streaming, articoli e la gestione di un negozio di giochi riempiono le sue giornate, col desiderio di giocare sempre un'altra partita. Potreste incontrarlo molto probabilmente nelle vaste terre di Azeroth.
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