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La caotica storia dietro il miglior adattamento videoludico legato a Lovecraft - articolo

Il vostro appuntamento con la paura.

Non c'è di certo penuria di giochi che si ispirano alle opere di HP Lovecraft. Il "Call of Cthulhu" lanciato recentemente può anche essere l'ultimo ma si basa su un altro gioco poco conosciuto ma molto amato che condivide lo stesso nome. Lungo cinque anni, lo sviluppo di Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth di Headfirst Production è altrettanto caotico, e talvolta scioccante, quanto la finzione da cui attinge.

Con sede a Sutton Coldfield, la software house Headfirst Productions è stata fondata nel 1998 dal team composto da padre e figlio Mike e Simon Woodroffe. Come Adventure Soft e Horror Soft, la coppia aveva ottenuto un certo successo negli anni '80 e '90 con giochi come Gremlins: The Adventure Game del 1984 e Simon The Sorcerer uscito nove anni dopo. Con una versione 3D di quest'ultima serie in fase di sviluppo, il designer Andrew Brazier si è affidato a Internet per avere un riscontro su una nuova idea che Headfirst aveva elaborato.

Nella prima fase del gioco, il detective Jack Walters viene inviato a indagare su uno strano culto.

"Ho partecipato a una newsgroup incentrata su Cthulhu nell'estate del 1999, perché all'epoca era il modo più semplice per entrare in contatto con un buon numero di fan devoti", spiega. "Ho imparato molto rapidamente che questa mitologia ha un seguito ampio e molto appassionato." Le risposte sono state utili e varie e hanno offerto suggerimenti su cosa dovrebbe essere presente nel gioco e dando anche voce a dubbi sul fatto se il gioco dovesse essere effettivamente realizzato o meno.

"Abbiamo avuto alcune risposte da persone che pensavano che trasformare le storie di Lovecraft in un videogioco fosse un sacrilegio. Tuttavia sapevamo che sarebbe stata una sfida difficile quella di creare qualcosa che potesse interessare i fan di Cthulhu ma anche attrarre un nuovo pubblico e assicurarsi che il prodotto finale fosse davvero divertente da giocare."

Poi, nel 2000, Mike Woodroffe ha negoziato con successo lo sfruttamento della licenza ufficiale di Call Of Cthulhu in possesso di Chaosium. "Era un grande affare", sottolinea Brazier, "perché ci ha dato l'accesso a tutto il materiale originario dei giochi di ruolo di Chaosium e questo era un'assoluta ricchezza a livello di risorse". Una delle storie più famose di Lovecraft, La Maschera di Innsmouth, venne scelta come la storia su cui basare il gioco. "Le ragioni principali per questa scelta furono le ambientazioni inquietanti e il fornirci un tipo di nemico tangibile negli ibridi e negli abitatori del profondo".

Headfirst Productions era un piccolo studio, con risorse limitate ma molta passione. Il design originale di Woodroffe, un complesso gioco RPG/investigativo, era eccitante ma troppo ambizioso. Era chiaro, per esempio, che il motore NetImmerse, benché soddisfacente per Simon The Sorcerer 3D, non sarebbe stato all'altezza del compito di ritrarre il cupo e misterioso mondo di Dark Corners Of The Earth.

I primi incontri di Jack con creature aliene lo portano direttamente al manicomio di Arkham.

"Alla fine siamo arrivati a creare il nostro motore di gioco durante lo sviluppo", afferma il programmatore principale, Gareth Clarke. "Il che era rovinoso per uno studio delle nostre dimensioni. In quel momento, tuttavia, non c'erano altre opzioni." Dopo una serie di false partenze e cambi di team, i ritardi hanno colpito lo sviluppatore mentre l'editore Fishtank Interactive venne acquisito da JoWood, che non aveva alcun interesse nel pubblicare un bizzarro gioco horror. Dopo tre anni di lavoro, il progetto era sull'orlo del precipizio; quando Headfirst riuscì finalmente a siglare un accordo con una Bethesda che si trovava in un periodo pre-Fallout, lo sviluppo fece un passo indietro perché il publisher insistette sul fatto che Xbox diventasse la piattaforma principale. "La versione originale era su PC", ricorda Clarke. "Avevamo livelli enormi che consumavano circa 256 MB di RAM. Quando Bethesda firmò con noi, Xbox divenne la piattaforma primaria, aveva a disposizione 64 MB di RAM, quindi avevamo un quarto della memoria disponibile per i nostri livelli!"

Nonostante le difficoltà tecniche, il team di Headfirst continuava a credere che ciò a cui stavano lavorando fosse qualcosa di speciale. E infatti, 13 anni dopo, quello che crearono rimane un gioco notevole, piuttosto diverso da qualsiasi altra cosa dei tempi e solo paragonabile a una manciata di titoli odierni.

Dark Corners Of The Earth è la storia di Jack Walters, un detective della polizia chiamato ad intervenire in un maniero in rovina alla periferia di Boston. Dopo aver parlato brevemente con il leader del culto, Walters rimane intrappolato all'interno dell'edificio ed è costretto a indagare nell'area sottostante. Qui incontra un orripilante dispositivo scientifico e rimane esposto ad esseri alieni che lo mandano in uno stato catatonico direttamente al manicomio di Arkham. In seguito alle dimissioni sei anni dopo, Walters diventa un investigatore privato e affronta un caso fatidico: un giovane impiegato di un alimentari è scomparso nella cittadina litorale di Innsmouth e si ritrova coinvolto in un misterioso culto dedito a due malvagie divinità: Dagon e Hydra.

Qualcuno ha ordinato del pesce?

Durante tutto il gioco un'atmosfera ultraterrena perseguita costantemente il giocatore mentre gli abitanti della città grugniscono con cattiveria verso questa sorta di intruso. L'oscurità pervade ogni centimetro dello schermo e il primo terzo del gioco vede Walters sostanzialmente privo di armi e in fuga dalla popolazione intossicata e mezzosangue che abita nella città. Il gioco si presenta senza un HUD, una scelta che aiuta il giocatore a immergersi nel proprio mondo presentando una serie di frenetiche e disperate sequenze, in particolare una scena nella camera d'albergo in cui si trovava Walters poco dopo il suo arrivo a Innsmouth.

Dopo essersi unito a Headfirst nel novembre 2002, a Ed Kay venne affidato il compito di plasmare questa famigerata scena in qualcosa di giocabile. "Non posso prendermi il merito dell'idea, è stato uno dei primi livelli costruiti e una versione esisteva già quando arrivai", ricorda. "Aveva attraversato diverse iterazioni e molte persone ci avevano messo mano prima che arrivasse nelle mie. Alcune di queste persone non facevano nemmeno più parte della compagnia".

L'ammissione di Kay, che sottolinea come il livello esistesse già in una qualche forma, non minimizza il suo ruolo nella scena completa. "Mi è stato affidato un livello parzialmente rotto, codificato in modo confuso, poco divertente e assolutamente impossibile da inserire in una versione completa e la mia responsabilità era quella di completarlo nel più breve tempo possibile." L'uso di strumenti interni, costruiti in un breve lasso di tempo e di conseguenza non sempre all'altezza del lavoro, significava che spesso Kay e gli altri dovevano scrivere a mano il comportamento di ogni singolo nemico. "Oltre a questo c'erano le severe restrizioni per quanto riguarda la memoria: se ricordo bene potevamo avere solo sei nemici attivi contemporaneamente ma dovevamo dare l'impressione che tutta la città stesse inseguendo il giocatore!"

Il risultato fu un inseguimento avvincente attraverso il fatiscente Innsmouth Hotel con il team che, come spiega Kay. ha sfruttato alcuni trucchi per ottenere la tensione desiderata. "Abbiamo simulato tutto quello che potevamo, cose come colpi di pistola senza qualcuno che effettivamente sparasse, porte sbattute da nessuno e così via: l'intero livello è un gigantesco specchietto per le allodole". Al di là di questi trucchi virtuali, si tratta di un trionfo di game design. Riposandosi nella propria stanza, Jack si ritira per la sera nel proprio rifugio lontano dagli abitanti ostili di Innsmouth. All'improvviso, senza alcun preavviso, il gioco cambia drasticamente a livello di tono mentre i cittadini locali diventano malvagi, inseguono Jack attraverso l'hotel e sui tetti, con il detective che non ha mezzi per difendersi. Arrivare alla salvezza non è un'impresa semplice come ammette il designer. "Con il senno di poi, era dannatamente troppo difficile! Con un po' di esperienza in più l'avremmo testato di più e avremmo calibrato meglio la difficoltà". Kay ed i suoi colleghi hanno impiegato ancora più trucchetti nel successivo livello: "Urania USS". Intrappolato su una barca, mentre prima un'orda di abitatori del profondo e poi Dagon stesso attaccano, dando vita a un altro successo nello spremere fino all'ultima goccia dalla console Xbox.

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Dato che per una gran parte del gioco il protagonista è disarmato, e che il combattimento è utilizzato come ultima risorsa in ogni caso, Dark Corners utilizza una meccanica stealth progettata per aiutare il giocatore a superare i nemici. Con Headfirst inamovibile sul fatto che il gioco non avrebbe dovuto sfruttare un HUD di alcun tipo, anche questo aspetto si è rivelato una sfida. "Tutto questo può solo essere descritto come un assoluto incubo!" esclama Kay. "Il problema era che mentre ti nascondi dietro un angolo, avresti potuto non vedere letteralmente nulla. Dovevi indovinare dove stava andando il nemico". La soluzione consistette nell'aggiungere un sistema per sbirciare che permettesse al giocatore di inclinare la testa da un angolo in un certo livello di oscurità, e un livello di allerta graduale, con i nemici che attraversavano diverse fasi prima di identificare finalmente una minaccia. "I nemici fornivano anche molti segnali e dialoghi evidenti per indicare in quale stato si trovavano", continua Kay. "Fondamentalmente abbiamo dovuto usare ogni trucco realizzabile per garantire al giocatore qualsiasi possibilità di sopravvivenza." Con un coltello come unica arma stealth, (nessun dardo di balestra velenoso qui), c'era pochissimo margine per l'errore. "E non dimenticare che se ti sparavano in una una gamba eri immediatamente azzoppato!" nota Kay. Un sistema di salute basato su infortuni specifici piuttosto che punti ferita astratti, aggiungeva del realismo al gioco. "Era hardcore."

E non era solo il gameplay di Dark Corners a essere hardcore. Lo sviluppo per il team inesperto si rivelò impegnativo, anche per i problemi finanziari che hanno colpito Headfirst nel 2004 e nel 2005. "Le ultime settimane furono terribili", lamenta Kay. "La società stava finendo i soldi, ma la gente non lo scoprì fino all'ultimo momento, quando il loro stipendio non arrivò. Avevamo lavorato tutti duro per portare a termine il gioco quindi fu un vero e proprio pugno in faccia e fu così frustrante".

Il coder, Gareth Clarke, stava lavorando alla conversione per PC che ironia della sorte per poco non venne realizzata. "Non sono stato pagato per sei mesi", dice chiaramente. "Alcuni si trovavano nella mia stessa posizione, avevamo lavorato su questa cosa per cinque anni e non potevo sopportare che non uscisse". Clarke e una manciata di altri scommisero sul fatto che il gioco sarebbe stato pubblicato e in qualche modo avrebbero guadagnato abbastanza denaro per salvare Headfirst. Purtroppo, la natura precipitosa dello sviluppo ha significato che Dark Corners si rivelasse buggato, specialmente per quanto riguarda la versione PC, e il ritardo ha significato una perdita di fiducia da parte del suo publisher. Con Bethesda che si concentrava sul nuovo capitolo della serie The Elder Scrolls, Dark Corners venne lanciato con poca enfasi e, secondo quanto riferito, vendite microscopiche, di poco più di 5000 unità sulla console Microsoft.

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C'erano state delle discussioni e piccoli progressi per quanto riguarda un sequel. Tutto questo e molto altro venne abbandonato per sempre con Headfirst che crollava e i suoi dipendenti sparpagliati tra gli sviluppatori all'interno del Regno Unito e non solo. La pressione di creare un nuovo motore, gli strumenti e il gioco stesso al volo ha spinto lo sviluppo per un periodo di tempo insopportabile. "Sì, ci è voluto troppo tempo per realizzarlo", osserva Kay. "Per quando venne portato a termine c'erano molti altri giochi in prima persona che erano molto più avanzati, Half Life 2 è un ottimo esempio". Il tempo non era stato clemente con Cthulhu, eppure ancora oggi, per chi è interessato a sperimentare qualcosa di un po' diverso, qualcosa di stimolante, qualcosa, beh, esoterico, è un gioco che vale la pena di giocare. "Dark Corners era pensato per essere difficile, doveva dare al giocatore una sensazione dei sentimenti del personaggio", osserva Gareth Clarke. "Forse non è stato perfetto ma è un gioco interessante proprio per questo".

E forse il più inquietante degli effetti di Dark Corners è il suo indicatore di sanità mentale. Anche se la tecnica era già stata utilizzata in precedenza (in particolare nel gioco per GameCube, Eternal Darkness), qui il risultato di guardare creature al di là della comprensione umana o l'individuare troppi cadaveri eviscerati produce una serie di conseguenze raramente, se non mai, viste da allora in un videogioco. Il movimento diventa irregolare; lo schermo si sfoca, portando il giocatore a sbattere le palpebre in preda alla confusione. Lo stesso borbottio interiore di Jack si diffonde dagli altoparlanti, i borbottii incomprensibili di un uomo che ha visto troppo per il suo piccolo, insignificante cervello. Un passo di troppo e il protagonista avrebbe sollevato la propria arma puntandola alla testa e premendo il grilletto, e non c'era via di fuga anche nel caso in cui Jack fosse disarmato.

Alimentate dall'imperscrutabile potere di una mente impazzita, le mani del detective fluttuano davanti al giocatore, lo schermo si immerge nella nebbia della follia, mentre si serrano intorno alla gola di Jack soffocando la vita del detective in un lungo e doloroso gorgoglio. Questi sono i pericoli irreali che colpiscono chi troppo intravede ciò che abita gli Angoli Oscuri della Terra (Dark Corners of the Earth).