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Storie incredibili di un uomo di cui non avete mai sentito parlare - articolo

Brando, Bowie, e molto di più.

Il Padrino

"Se avesse saputo che lo script finale sarebbe stato scritto da un irlandese grasso e poco professionale, penso sarebbe rimasto molto seccato".

Parlando del gioco de “Il Padrino” con chiunque, si ottiene probabilmente come risultato una certa indifferenza; basta però dire di aver visitato la casa di Marlon Brando due settimane prima della sua morte, e la storia cambia radicalmente.

E ci puoi scommettere che chi ascolta questa storia, penderà dalle tua labbra.

Vi presento Phil Campbell, un ragazzo di cui non avete mai sentito parlare. Ma probabilmente avete giocato i suoi giochi, e sicuramente conoscete le persone che ha incontrato. Ha in serbo storie per giorni. Questa è una di quelle storie.

Nel Giugno del 2004, Campbell era in macchina con David DeMartini, produttore esecutivo de Il Padrino, sulla via verso la casa hollywoodiana di Marlon Brando. Brando non poteva raggiungere lo studio di registrazione perché non stava bene, ma EA gli aveva fatto un'offerta che non avrebbe potuto rifiutare, ovvero una registrazione domiciliare. L'accordo era per due sessioni di registrazione nel corso di due giorni, una immediatamente e una nel futuro, entrambe di circa due ore.

Arrivati su Mulholland Drive, citofonarono al cancello. Nel sedile posteriore c'era un cesto con frutta e vino, per addolcire Brando. “È un intenditore”, mi disse Campbell. Ma il cancello non si aprì. Anche se avevano un accordo, “Ha provato a non farci entrare”, aggiunse Campbell. Dopo una serie di telefonate e dopo aver chiamato vari avvocati, il cancello fu aperto.

”La casa di per sé era come tante altre, ma aveva acri di terreno tutto attorno", proseguì Campbell. “Mi ricordo che quando ci fecero passare attraverso i security check, attraversammo campi e giardini, con giardinieri, paesaggisti e altra manodopera ovunque.” Jack Nicholson viveva accanto. “Avrei potuto saltare oltre il recinto!”

Poi, Bando. L'attore con la presenza scenica di una montagna. L'attore che aveva snobbato una premiazione agli Oscar in nome dell'attivismo, e capovolto interviste televisive contro gli intervistatori. E d'improvviso, l'idea di “fare due chiacchiere per conoscersi meglio” non sembrò cosi lineare. Ma si sedettero comunque, con il registratore acceso - Campbell registra sempre tutto - e cominciarono

”Sai, c'è come un fattore di intimidazione auto-inflitta alla presenza di Brando,” disse Campbell, “e per un lungo periodo lo puoi percepire nella nostra chiacchierata; è una persona molto forte”.

Brando domina la scena. Fa diverse telefonate, in due o tre lingue diverse e intrattiene i suoi ospiti con storie sul suo passato glorioso. “A un certo punto”, dice Campbell, “ci stava raccontando una storia su Elia Kazan (direttore di “Fronte del Porto), e d'un tratto si mise a recitare la scena del taxi, e non potevamo credere alle nostre orecchie, rimanemmo a bocca aperta. Lo stava facendo per dimostrare che non era una scena cosi leggendaria, ma semplicemente un buon momento recitativo. Il pubblico invece l'ha trasformata in questo modo.

”Era carismatico, affascinante” disse. “Abbiamo parlato a lungo con lui”.

Finalmente arrivò il momento in cui Brando mandò via tutti dalla stanza, tutti eccetto Campbell e un tecnico del suono nascosto in un angolo. Marlon Brando e Phil Campbell, praticamente da soli in una stanza, che Campbell pensava fosse stata teatro di qualche situazione pesante fra Brando e suo figlio. Tutto ciò che Campbell dovette fare fu di passare a Brando lo script che aveva creato, e dirigere la performance di Brando; nulla di speciale quindi.

”Ovviamente all'inizio, quando hai a che fare con Marlon Brando, provi a lasciar correre tutto, senza coreggere o interrompere, ma durante il corso della registrazione, mi fece intendere che potevo dare feedback; pertanto cercai di ottenere una performance da lui, più adatta al testo.”

Ma c'era un problema, lo avevano stancato.”Abbiamo chiacchierato cosÌ a lungo con lui, da stancarlo”, disse Campbell. Aveva un tubo per respirare, e cercare di fare registrazioni in un colpo solo, cercando di evitare problemi con l'audio, costringeva Brando a una performance troppo stancante. E lui non aveva energie a sufficienza.

”Se non fosse per I problem audio, la sua prestazione fu eccellente”, mi riassicurò Campbell. “Ci riportò nell'atmosfera del Padrino". Ma il resgistrato era inservibile. E non ci fu mai la possibilità di un secondo giorno di registrazione. Brando morÌ di infarto due settimane dopo, il primo di luglio 2004, all'età di 80 anni. “Fu l'ultimo testo che recitò”.

Ma non tutto fu perduto. Si certo i molti dialoghi che Campbell aveva scritto per Brando, non furono usati, e un imitatore fu chiamato a rimpiazzare l'attore, ma un po' di Brando fu inserito comunque nel gioco.

Punks a Pleasure Town

Avete mai sentito parlare di un posto chiamato Portrush? È una cittadina sulla costa dell'Irlanda del Nord, dove è cresciuto Phil Campbell. Un posto ideale come meta per le vacanze. Un posto dove puoi trovare sale bingo, sale giochi, autoscontro, flippers e giostre di ogni tipo. Un posto per giocare a golf e godersi spiagge stupende, non lontano dalle colonne di basalto dei Giant's Causeway e le Distillerie Bushmills. "È dove di solito si recano tutti i piantagrane e terroristi, nel loro giorno libero", dice Campbell. "Di conseguenza, raramente avevamo problemi".

Il padre di Campbell era un noto architetto. Si era fatto un nome progettando case negli anni 50, con uno stile influenzato da correnti moderne. "Tutte le sue case sono ora patrimonio di significato storico, e le puoi vedere in tutta l'Irlanda del Nord", dice Campbell. "Ho sempre sognato di comprarne una".

Non sono sicuro che tu abbia azzeccato il look da punk, Phil.

Ma il Campell teenager non voleva essere un architetto, voleva essere un punk, e quindi nel 1976 entrò in band di nome Pipeline come cantante. Magari ne avete sentito parlare. "Abbiamo avuto l'onore di essere stati menzionati su internet una volta", scherza, "quando suonammo assieme agli Undertones, alla Portrush Arcadia.

Diventare punk gli offrÌ una fuga dai sanguinosi "Problemi" dell'Irlanda del Nord, in cui Phil Cambell era cresciuto. "La cosa migliore nell'essere punk durante "I Problemi" (The Troubles), era il fatto che ogni religioso, protestante o cattolico, ci odiava; una grande unificazione religiosa!

"Penso fosse una sorta di fuga dalle preoccupazioni. Andavamo penso nei posti più pericolosi in Belfast e Derry solo per vedere delle band. In Belfast, Stiff Little Fingers, gli Outcast e Rufi. A Derry, ci siamo armati di coraggio e siamo andati a vedere gli Undertones in un pub minuscolo chiamato Casbah..."

Ma il sogno punk non durò a lungo. "Sapevo che non sarebbe mai stata una svolta di carriera per me nel lungo termine, ero un cantante terribile. E il richiamo dell'architettura era troppo forte.

Il Padrino, parte seconda

"James Caan non ha mai smesso di essere Sonny. Ci disse che riusciva sempre ad avere i posti migliori in ogni ristorante."

Ecco una storia divertente su James Caan. Al contrario di Brando, lui era sempre felice di essere coinvolto nel gioco, ed era in salute, ecco perche EA gli diede molto da fare. Fecero diventare Sonny, il personaggio che Caan interpretò nel film, l'amico del nostro personaggio, una specie di fratello maggiore. Ancora una volta, Campbell scrisse la parte.

Ma ancora una volta ci fu un problema. "Non ero sicuro fosse pubblicabile...", cominciò Campbell.

"Mi ricordo sempre quando mi chiamavano nei meeting esecutivi per Il Padrino; avevano davanti il mio copione per Sonny. Di solito mettevo i miei manoscritti in belle confezioni ricche di immagini e disegni".

"I produttori mi chiamarono in questo meeting, e mi dissero, 'Guarda ci sono troppi "Fuck" per ogni pagina. Vorremmo che tu togliessi almeno due "fuck" per ogni pagina'. E quindi dopo aver protestato a lungo, cosa tipica di ogni direttore creativo, dovetti procedere con tagli".

Ma ecco arrivare James Caan. "Non cambiò nulla. Lui era Sonny Corleone. Sembrava che non avesse mai abbandonato il ruolo. E quando hai un attore per le mani così dentro la parte, tu segui a ruota, non importa ciò che possa uscire dalla sua bocca.

E uscì parecchia roba dalla bocca di Caan, tanto da non piacere molto agli esecutivi, mentre Campbell rimase deliziato dalla performance. "Aggiunse penso quattro "fuck" per pagina. Penso sia stato uno dei momenti migliori che avessi vissuto. Aggiunse insulti cosi creativi che non avrei mai pensato di scrivere" disse Campbell ridendo.

Tipo?

"Beh, alcuni di quelli erano in italiano, e penso facessero riferimento a certe parte anatomiche dei cavalli", mi rispose.

Rise. "Un classico. Sono tutti nel gioco."

Guarda su YouTube

Insieme a Caan, EA riuscì a convincere anche Robert Duvall a ritornare nel ruolo di Tom Hagen, assieme ad un numero di imitatori per rimpiazzare i vari attori non più in vita. Con una eccezione evidente, un attore che rifiutò non solo di essere nel gioco, ma anche di avere un attore ad imitare la sua voce: Al Pacino, nel ruolo di Michael Corleone.

In superficie, il rifiuto di Pacino era comprensibile. "Non c'era astio sull'argomento, disse solo che aveva creato la sua notorietà con Il Padrino, e semplicemente non voleva ritornare nel ruolo o cambiarlo", disse Campbell. "Fu dura da mandare giù ma comprensibile".

Ma poi, perchè Pacino accettò di essere doppiato nel gioco di Vivendi, Scarface, qualche mese dopo? Scelse direttamente persino il doppiatore (Andre Sogliuzzo), che divenne Tony Montana nel gioco. Vivendi offrì più soldi a Pacino? O forse Scarface non era così importante per Pacino come lo era Il Padrino?" Campbell scelse di credere alla seconda ipotesi. "Così almeno pensavamo".

La cosa che fece piu male di un rifiuto di Pacino, fu ciò che successe con Francis Ford Coppola, direttore della saga de Il Padrino. Contrariamente a quanto si crede, lui fu coinvolto nella produzione, almeno all'inizio, prima che decidesse di abbandonare e successivamente gettare fango sul gioco.

"Avevamo con noi Francis Ford Coppola, fino a quando non decise di distruggerci con la stampa", disse Campbell. "Venne nei nostri studio con il suo staff. Gli mostrammo alcune sezioni e un mucchio di altre cose".

Coppola invitò persino i creatori del gioco nei suoi archivi privati. "Riuscii persino a mettere la mani sul documento che lo stesso Coppola aveva creato. Roba davvero leggendaria: prese il libro di Puzo, taglio tutte le pagine per poi metterle fra le pagine del suo notebook. Ora questo documento è stato pubblicato separatamente, ma ai tempi facemmo avanti e indietro dal tavolo alla fotocopiatrice per copiare 30 pagine alla volta, davvero incredibile. C'erano scene annotate come per esempio l'uccisione di Sollozzo e del capo della polizia. Tutto descritto per filo e per segno.

"Una cosa che realizzai una volta finito di scrivere il mio copione, perchè praticamente dovetti spremere il libro e inventare alcune cose, fu che Coppola letteralmente usò ogni centimetro del testo originale, tutte le parti migliori videro la luce nel film. Non era rimasto nulla. Giusto una scena di Don Vito negli anni '30. Coppola fece davvero un lavoro magistrale nel tagliare tutta la roba inutile per creare un capolavoro."

Poi qualcosa cambiò. Coppola lasciò la produzione e ditrusse il gioco con la stampa, dicendo, "Non mi hanno mai chiesto consulenza o informato su ciò che avevano inserito nella storia. Non ho avuto nulla a che fare con il gioco e lo disapprovo completamente. Penso abbiano usato in malo modo il materiale originale e il film."

Il suo rancore sembrò essere diretto nei contronti di tutte le scene d'azione inserite nel gioco. Azione di cui il gioco aveva disperato bisogno, ma che il film non aveva. Ci sono solo 15 minuti di azione nell'intero film de Il Padrino. "Quello che hanno fatto", disse Coppola a proposito del gioco, "è usare personaggi noti per introdurre personaggi minori, e poi per l'ora di gioco seguente, sparatorie e uccisioni a non finire.

Campbell sospira. "Ci sono solo un certo numero di inseguimenti in macchina e esplosioni che puoi duplicare da Il Padrino e che puoi utilizzare in maniera sensata in un videogioco."

"Non lo so, forse c'erano mezzo soldi. Tutto ciò che so è che era stato coinvolto e ci aveva dato accesso ai suoi mezzi. Ho guardato tutti i nastri delle audizioni degli attori. Mi sono seduto nei suoi archivi e letto tutto ciò che aveva su Il Padrino. E poi qualcosa in questo percorso si è rotto, qualcosa di politico".

E fece male. "Mi secca tutt'ora il fatto che Pacino non volle farne parte, e che Coppola non ci abbia supportato".

Architetti in collo alto

"Giocano a softball in Hyde Park e si comportano come se fossero americani. Ho amato la professione di architetto per una ragione principale. Puoi fare l'architetto anche quando hai 80 anni."

Quindi, Phil Campbell diventò architetto. Studiò ad Oxford (Oxford Brookes), si laureò con tanto di master e si iscrisse all'albo nel 1986, cominciando a lavorare per una compagnia di nome Rolfe Judd, a Londra

"Ho sempre fatto le cose più divertenti. Non andai quasi mai in cantiere, ero terribile sul posto. Sono sempre stato terribile nell'ambito della costruzione, ma ho sempre avuto tante idee." Idee che poi sono diventate bar e ristoranti; idee che lo portarono alla posizione di senior designer per Legoland Windsor.

Campbell presentò persino un progetto per un parcheggio organizzato per colore per Disneyland Parigi, che praticamente richiedeva ai vari guidatori di parcheggiare le loro macchine in lotti di colore diverso a seconda del colore del proprio veicolo. "Sembrava un quadro impressionista, con tutti questi lotti di diverso colore. Ovviamente tutti dissero cher era una cazzata, e diciamocela tutta lo era".

La sua carriera da architetto andava così bene che gli fu offerto di prendere le redini dello studio del padre, Dalzell e Campbell, in Irlanda del Nord. Ma Campbell Junior aveva piani diversi. Phil e la sua ragazza Julia, che poi diventò sua moglie (anch'ella architetto), guardavano con interesse agli Stati Uniti.

"Eravamo seduti sul divano, mentre stavo dando un occhio al Teletext ci imbattemmo nell'offerta per richiedere le green cards. E decidemmo di partecipare. Io alla lotteria Irlandese e lei a quella Inglese, salvo poi dimenticarci completamente di averlo fatto. Fino a quando Julia fu scelta. Non ne parlammo nemmeno. Ci guardammo l'uno con l'altra e decidemmo di partire all'avventura. Il trasferimento fu un totale salto nel vuoto."

Si trasferirono in America, solo con i loro vestiti, due costose sedie Aalto e circa 20.000 fumetti.

Bowie

"Ero in un fan club di Bowie quando avevo 11 anni. Glielo dissi la prima volta che lo incontrai."

Un giorno Campbell ricevette una chiamata al telefono di casa: era David Bowie. Il David Bowie. I due avevano già lavorato assieme, quindi non era completamente una sorpresa, ma Bowie non aveva mai chiamato Campbell a casa prima d'allora.

Campbell era eccitato in maniera quasi terrificante. Era un fan di lunghissima data, e poteva solo immaginare quanto sua moglie sarebbe stata impressionata quando avesse saputo chi era al telefono; cercando di essere il più discreto possibile, la chiamò. "Stavo gesticolando a mia moglie dicendo, "È Bowie, è Bowie!""

Ma come provarlo? Non ne aveva idea. "Lo misi in vivavoce, cosi che lei potesse ascoltarlo", disse mentre si sedettero attorno al telefono che ora non emetteva nessun suono. Cosa era successo a David Bowie?

Quello che non avevano capito è che David Bowie non era di buon umore. Aveva chiamato Phil in realtà per rimproverarlo. Inoltre un altra cosa che avrebbe dovuto immaginare è che tutti si rendono conto quando sono in vivavoce.

Il silenzio continuò fino a che Bowie disse: "Phil mi hai messo in vivavoce?

Oh no, scoperto dal tuo idolo musicale. Campbell dovette confessare. "Sì David", rispose con la voce colpevole di un ragazzino. Sicuramente sua moglie non ne fu impressionata.

Campbell ora ride di questo fatto ovviamente, è una delle storie che è solito raccontare, e la verità è che lui e Bowie andavano d'accordo in maniera splendida.

Si incontrarono molto tempo fai, nella metà degli anni 90, mentre lavoravano su Omikron: The Nomad Soul, un gioco di David Cage e Quantic Dream (due nomi praticamente sconosciuti ai tempi). Campbell era il senior designer e praticamente il secondo in comando, e avevano bisogno di qualcuno per la colonna sonora.

Per Campbell la risposta era ovvia: Bowie ovviamente. Ma David Cage era in disaccordo. Lui voleva Bjork, era più in auge ai tempi, e di solito quando Cage vuole qualcosa la ottiene. "Lui è un "autore", si sente come Truffaut. Io personalmente volevo essere Hitchcock in questa relazione, ma non fa nulla."

In qualche modo però Campbell riuscì a spuntarla, e i due puntarono Bowie. Avevano un aggancio. Il figlio di Bowie, Duncan Jones, lavorava nel settore dei videogochi, e quindi attraverso lui riuscirono ad organizzare un incontro al quartier generale di Eidos a Londra. Con grande sorpresa, lui si presentò all'incontro. "Guardò ogni cosa e ritornò la settimana successiva con Iman (sua moglie) Joe (Duncan Jones) e Reeves (suo collaboratore musicale per anni)." E accettò il lavoro.

Quello che seguì fu un sogno parigino per Campbell: due settimane lavorando con David Bowie ogni giorno. "Noi affittammo un appartamento mentre David pernottava in un albergo sfarzoso, sotto falso nome. Lui scriveva tantissimo, proponendoci idee ogni giorno. Arrivava alle 9 e praticamente lavorava dalle 9 alle 5. Era qualcosa di incredibile."

Gettarono le basi dell'album che poi diventò Hours, "fumammo davvero troppe sigarette da poterle contare", e crearono l'intera colonna sonora del gioco. ("Non era l'album migliore al mondo, ma lo abbiamo sempre amato perchè riempi il nostro mondo di musica"). Qualunque cosa Campbell metteva di fronte a Bowie, lui la firmava. Cercò pure di fargli firmare un pezzo di poesia, ma a quel punto Bowie gentilmente si rifiutò".

"Quello che volevo realmente... Tu sai che era famoso per quella tecnica, quella usata da Burroughs, dove praticamente copi e incolli parole assieme per fare delle frasi? Lui aveva un programma per il computer su cui volevo mettere disperatemente le mani, ma rifiutò di farmelo usare"

Ma in ogni caso, Campbell, un ragazzino parte del Fan Club di Bowie, ora aveva stretto amicizia con l'uomo in persona. Ci fu un momento toccante durante la chiusura dei lavori su Omikron, in un piccolo ristorante parigino, dove Bowie chiese a Campbell di sedersi vicino a lui. "Per tutta la serata quelli di Eidos cercarono di sedersi in quel posto, ma Bowie semplicemente mi chiamò facendomi segno di sedersi accanto a lui dicendo 'Phil, amico mio...'" Fu un momento cosi caro che ora viene ricordato come "Episodio epico numero due con Bowie"

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Bowie mise tutto sè stesso in Omikron, non era un coinvolgimento superficiale. Interpretò due personaggi e fece il motion capture per alcune pose "alla Bowie" per i concerti all'interno del gioco. "Credeva davvero tanto nel gioco e nel media in generale, lo vedeva come una piattaforma per reinventarsi".

"Voleva portare Bowie dentro Omikron e lasciarlo lì, ed uscirne come David Jones", disse Campbell. "Voleva riprendersi la sua vita e lasciare Bowie. Voleva abbandonare Bowie per sempre"

Pensate ai due personaggi interpretati da lui nel gioco. Il primo, un onnipresente mezzo uomo mezzo robot di nome Boz, il tipo di personaggio in cui ti aspetti di vedere Bowie. Il secondo, un cantante di strada diciottenne di nome... David Jones.

"Ovviamente, alla fine, Omikron non fu il posto dove Bowie potè riposare. Se avessimo venduto più copie, forse avremmo avuto uno scenario differente. Ma purtroppo il gioco non era sufficientemente importante."

Bowie e Campbell lavorarono assieme per due anni su Omikron, e anche dopo che il gioco fu completato, continuarono a vedersi. Campbell si recava spesso negli uffici newyorkesi di Bowie a proporgli "pazze" idee.

Come quando, dopo aver letto una notizia a proposito della spazzatura dello spazio, vecchi satelliti ormai in disuso lasciati in orbita, Campbell decise di proporgli una di quelle pazze idee. "Suggerii a David di comprare questi satelliti e lanciare Ziggy da li. Perchè è ovvio! Lui viene da li'... circa."

Bowie non penso' fosse una buona idea.

Un'altra idea fu di creare un personaggio gigante, chiamato Bill Board, e metterlo in Times Square. Campbell non si ricorda nemmeno cosa Bowie disse. Ma di certo si ricorda di quando usava le interviste con Bowie come piattaforma per promuovere alcune di queste idee, e si ricorda di una email mandata da Bowie che semplicemente diceva "Ti stai godendo i tuoi 15 minuti di celebrità Phil? No so se questa cosa mi piace oppure no!"

I biglietti VIP per i concerti continuarono per anni, ma i due si allontanarono gradualmente. Poi nel gennaio 2016, mentre Campbell stava guardando il film "Ziggy Stardust and the Spiders from Mars", ricevette la notizia della morte di Bowie. "Faccia ancora fatica a credere che ci abbia lasciato".

Ora gli rimangano una pila di oggetti e memorabilia firmati da Bowie come unico memento, i suoi "oggetti preziosi", come li chiama, e ovviamente moltissimi ricordi. Il che ci riporta adesso a parlare del "Episodio epico numero uno con Bowie".

Cogliendo l'occasione di un altro ingresso VIP, Campbell decise di presentare sua moglie a David Bowie. Andarono a vederlo al Roseland Ballroom di New York, seduti al tavolo VIP con Iman, "davvero un'esperienza da re". Si spostarono poi nel backstage, per cercare Bowie. Ma non lo trovarono.

Coco Shwab e Bill Zysblat, i manager di Bowie, indicarono ai Cambpell dove poterlo trovare. "Era in una stanza, arrigando la stampa e i fotografi come solo Bowie poteva fare; ad un certo punto si girò verso di me".

Gulp, non sarà questo un altro "episodio da vivavoce"?

"Phil!" Grido Bowie. "E corse verso di me per baciarmi sulle labbra, di fronte a mia moglie."

Grasse risate. "Miglior momento della mia vita, amico mio!"