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VR: l'arma giusta nella lotta contro la demenza senile? - editoriale

Una compagnia sta lavorando per aiutare chi soffre.

La demenza non è qualcosa su cui si può scherzare. È una condizione debilitante, che colpisce moltissime persone in tarda età. Non ha pietà e può spazzare via in poco tempo una vita di esperienze e i ricordi di una persona, modificandone radicalmente il carattere e il modo di vivere. Assistere all'annientamento di un individuo, vederlo cedere a improvvisi scatti di ira, violenza o depressione, può essere devastante per le persone che fanno parte della sua vita.

A volte il decorso della malattia può essere più clemente. Esistono casi in cui il malato subisce alterazioni del carattere non così negative, scivolando più gradualmente e serenamente lungo l'inevitabile declino. Molto spesso però questo non accade. In molti casi chi mostra i primi sintomi è cosciente di quello che sta accadendo, si accorge del progressivo degrado ma non può fare nulla per arrestarlo. Per chi vive intorno a queste persone si tratta di un percorso difficile, di un'agonia straziante che a volte porta a desiderare un'accelerazione del processo o una morte più rapida. Non c'è gran conforto nel sapere che gli ultimi periodi della malattia rendono la persona incosciente di quello che gli sta accadendo e della fine ormai prossima.

Ogni secondo in cui ci si sente in colpa per il fatto di desiderare la fine della sofferenza della persona cara, corrisponde spesso ad un'infinita serie di fitte che arrivano al cuore ogni volta che si percepisce un sorriso sul suo volto, una stretta della sua mano o un segno di lucidità nei suoi occhi. Uno dei lati più oscuri della demenza è rappresentato purtroppo dai frammentati ricordi che la persona malata lascia dietro di sé a chi rimane.

Ovviamente queste sono congetture del tutto personali, derivanti dall'esperienza vissuta dal sottoscritto. Sia mio padre che mia nonna sono stati colti da questa terribile malattia negli ultimi anni della loro vita. Per questo posso dire di conoscere gli effetti che ha sulle persone che ne sono coinvolte direttamente e non. Per chi ha la sfortuna di testimoniare un percorso simile, la cosa più difficile è prepararsi alla partenza della persona amata.

In alcuni momenti riesci ad abituarti all'idea che la persona che conoscevi non c'è più, almeno nello spirito. Improvvisamente però qualche lampo di ciò che ami riaffiora e fa ancora più male. Quando facevo visita a mia nonna, all'incirca 30 anni fa, quando ero solo un bambino, le parlavo delle cose che avevo fatto e provavo a ricordarle alcuni momenti passati insieme. Era fragile, quasi del tutto assente ma di tanto in tanto mi regalava qualche segno di lucidità, il riaffiorare di qualche emozione. Non ha mai lasciato il suo letto d'ospedale e non è purtroppo morta in serenità. Non sono mai riuscito a perdonarmi tutte le cose che non ho potuto dirle e tutto ciò che non abbiamo fatto insieme.

Anni dopo fu il turno di mio padre e neanche allora riuscii a recuperare il tempo perduto. Il suo decadimento fu veloce, perse ogni memoria della sua vita passata (e di me) ben prima di arrivare alla fine del suo percorso. Eppure anche in lui di tanto in tanto riaffiorava qualche pallida somiglianza dell'uomo che era stato.

La demenza è una malattia che può essere paragonata ad una porta chiusa. È sfibrante, alienante e la cosa peggiore è che nel tempo i casi si stanno moltiplicando in tutto il mondo... ma c'è ancora una speranza. La sperimentazione farmaceutica sta dando qualche risultato incoraggiante e pratiche alternative come il costante allenamento mentale o specifiche diete aiutano a migliorare le condizioni dei pazienti. Ma anche la Realtà Virtuale potrebbe avere presto un ruolo molto importante nella guerra contro questo spietato nemico.

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Ho visto per la prima volta questo video verso la fine dello scorso anno. L'ho guardato molte volte ma all'inizio ho esitato non poco. Non volevo premere il tasto Play ma ora sono felice di averlo fatto. È un filmato colmo di speranza.

A realizzarlo è stato Alex Smale di TribeMix, società specializzata in marketing per social media. Smale ha un ottimo background nell'industria dei videogiochi e ha iniziato la sua carriera alla NMS Software, sviluppatore di una simulazione di flipper chiamata Tilt.

Dopo aver passato anni a caccia di assegni di grosso calibro, Smale ha lavorato per circa dieci anni come capo del team artistico della celebre soft-co Bitmap Brothers. Ha anche gestito per diverso tempo un pub ("un lavoro estremamente divertente, sempre interessante e a volte anche pericoloso"), per poi passare al business della fotografia proprio nel periodo in cui Facebook iniziava a prendere piede. Smale intuì fin da subito il potenziale di questo medium in termini di promozione. Dopo una breve esperienza come capo del marketing di uno zoo, diede vita al lavoro in cui è ancora oggi coinvolto.

"Una coppia di nostri amici, Stan e Dulcie, hanno rispettivamente 99 e 94 anni. Negli ultimi due anni hanno subito una drastica trasformazione, da persone dinamiche e impegnate in tante attività in individui assenti, che raramente uscivano di casa..

"Decisi di fondare la Tribemix per consentire ad altre società di crescere grazie alla promozione sui social media. Andava alla grande ma avevo intenzione di andare oltre. Ho tenuto costantemente d'occhio la tecnologia VR, sin dal primo annuncio dell'Oculus Rift. Ero convinto che realtà virtuale e social media potessero convergere e che la creazione di esperienze coinvolgenti su questa nuova piattaforma potesse essere il futuro della comunicazione. È stato un po' come tornare alle mie radici e ho iniziato a sviluppare esperienze VR su misura per i nostri clienti.

"A quei tempi avevamo dei vicini piuttosto anziani che non uscivano mai di casa a causa della loro invalidità. Abbiamo pensato di utilizzare un iPad e Street View per aiutarli a "raggiungere" alcuni dei loro luoghi preferiti. A quel punto pensai che sarebbe stato fantastico riuscire a portarli in vacanza, anche se virtuale, utilizzando la tecnologia VR. Creai una spiaggia virtuale usando l'Oculus Rift e gli chiesi di provarla."

L'esperimento fu un successo e Smale capì definitivamente il potenziale di questa tecnologia e di quello che avrebbe potuto regalare in termini di speranza e qualità di vita.

"Avevo un amico che lavorava in alcune case di cura per anziani e gli chiesi se potevo tentare un esperimento simile su altre persone anziane che soggiornavano lì. Mi mise in contatto con persone fantastiche al Belmont View di Hertford, un istituto specializzato nella demenza senile nel quale operava il Quantum Group. Avevano una mentalità aperta e ci hanno fornito grande supporto nel nostro progetto. Fino a quel momento non avevo la minima idea di cosa fosse quella malattia. Fu un'esperienza estremamente profonda e istruttiva per tutti noi.

"Abbiamo lavorato con loro per oltre un anno, sviluppando una serie di esperienze virtuali appositamente pensate per persone afflitte da demenza. Tutti in quell'istituto, dai pazienti ai dirigenti, ci hanno fornito importanti informazioni e feedback che ci hanno permesso di creare qualcosa di unico ed efficace. I cambiamenti nei pazienti sono stati evidenti, come potete vedere dal video.

"Non si può infilare un Oculus Rift in testa ad una persona anziana malata, accenderlo e andarsene sperando che produca qualche effetto benefico. Bisogna preoccuparsi di mettere a disposizione un'esperienza che sia positiva per loro e per riuscirci abbiamo creato un processo specifico per quel tipo di patologia"

Il tipo di esperienza che avevamo in mente deve essere in un certo senso "gentile" nei confronti di chi la fruisce, per ovvi motivi. Non sono dei videogiochi ma esperienze rilassanti create usando ambienti modellati in 3D da zero piuttosto che video o foto prese dal mondo reale.

"Ovviamente siamo dovuti scendere a compromessi in termini di realismo", spiega Smale. "Ma il controllo che si ha in un'ambientazione ripresa a 360° non è paragonabile a quello che si può ottenere in uno scenario costruito totalmente in 3D. Questo controllo fa tutta la differenza del mondo in casi come questi. Le persone affette da demenza sono estremamente sensibili agli stimoli esterni. Permettergli di controllare cose anche semplici, come la distanza tra loro e un oggetto virtuale o un suono, è vitale.

"Proprio a causa della sensibilità a cui accennavo poco fa non potevamo permetterci di far usare un Rift ad una persona malata senza controllarne le reazioni e gli effetti secondari. La prima cosa su cui abbiamo lavorato è stato assicurarci che in qualsiasi momento la persona sottoposta al trattamento stesse bene. Non è possibile farlo con tutti. Le persone devono scegliere autonomamente di sottoporsi all'esperimento, senza alcuna pressione o forzatura."

Con quest'ultima frase Smale ha sollevato una questione molto importante. Può essere incredibilmente difficile capire cosa un malato di demenza voglia realmente ed è ancora più arduo prevedere le sue reazioni agli stimoli esterni. Smale conferma che le esperienze VR sviluppate dalla sua compagnia non solo tendono a rilassare i pazienti a cui vengono sottoposte, ma nel lungo termine consentono ai pazienti di allontanarsi da quei dannosi picchi emozionali tipici della malattia.

"Quel video è solo la punta dell'iceberg. Mostra solo alcuni istanti del trattamento e solo su un ristretto numero di pazienti, che ci hanno permesso di riprenderli per mostrare al mondo i risultati. Siamo molto grati a loro per avercelo concesso, aprendo così delle porte rimaste fino a quel momento chiuse.

"Ciò che non si riesce a capire bene dal video è la serenità di cui i pazienti godono durante il trattamento. A volte sembrano felici, in altri casi sembra quasi che stiano dormendo finché non li senti sussurrare qualcosa a proposito della scena che stanno vivendo. Allora capisci che sono svegli e molto, molto rilassati.

"Le persone costrette a vivere con la demenza sono spesso confuse e stressate. Piuttosto che provare a riportarli in quella che noi consideriamo essere la realtà, riteniamo sia più efficace capire quale sia il loro mondo e provare a viverci insieme. La VR può essere un ottimo metodo per portare i malati in luoghi piacevoli in un modo molto meno "violento". Per molti di loro lasciare la casa di cura in cui sono ospiti e salire su un autobus per raggiungere una qualunque destinazione può essere un'esperienza pesante da sopportare. Le nostre esperienze virtuali raggiungono lo stesso obiettivo: andare da qualche parte senza abbandonare il guscio in cui si sentono al sicuro. In qualsiasi momento dovessimo capire che l'esperimento sta diventando stressante, possiamo interromperlo immediatamente e riportare la persona al suo status normale.

"Gli esperti del Quantum Group hanno sviluppato un sistema basato sulla scala di valutazione del dolore di Abbey Pain, che registra i comportamenti e lo stato di benessere dei pazienti prima, durante e dopo l'esperienza VR. I dati ricavati da questo sistema sono utilissimi e testimoniano un chiaro beneficio tratto dall'utilizzo della Realtà Virtuale. Attualmente stiamo collaborando con due ospedali NHS su una ricerca comportamentale atta ad espandere ulteriormente l'area di studio e a dimostrare l'efficacia della terapia anche in casi limite.

"Le persone costrette a vivere con la demenza sono spesso confuse e stressate. Piuttosto che provare a riportarli in quella che noi consideriamo essere la realtà, riteniamo sia più efficace capire quale sia il loro mondo e provare a viverci insieme."

Una delle sfide chiave nella lotta contro questa malattia è riuscire a curarla prima che si manifesti in maniera irreversibile. Quasi sempre arriva in maniera invisibile e alcuni pazienti sono incredibilmente renitenti nel voler manifestare la loro condizione, per paura delle conseguenze sulle persone che li circondano. La stimolazione emozionale è considerata un metodo molto efficace per rafforzare il cervello e aiutarlo a combattere la demenza. Ho chiesto a Smale se il suo lavoro può avere un potenziale anche in ambito preventivo o se può essere utilizzato per rallentare il processo degenerativo.

"Questo aspetto deve essere ancora studiato," ha ammesso. "Abbiamo fiducia nelle nostre ricerche e stiamo facendo di tutto per ottenere risultati ancora più significativi nel minor tempo possibile. Abbiamo già testimoniato una miriade di memorie riaffiorate nei pazienti sottoposti ai trattamenti. Alcuni di loro sono addirittura riusciti a ricordare momenti della loro infanzia o gioventù. Sono stati momenti intensi, magici."

È importante ricordare che Tribemix NON è una società no-profit o un istituto di beneficienza. Smale ha sicuramente ideali alti e nobili, ma alla fine di ogni mese deve pagare le bollette e il mondo VR non è certo a buon mercato. Ciononostante quella che ha intrapreso non è un'iniziativa a scopo di lucro.

"I servizi sanitari possono coprire le spese del progetto," afferma Smale. "Abbiamo sempre cercato di tenere i costi al livello più basso possibile, in modo da permettere ai servizi sanitari di usufruire del nostro sistema in qualsiasi momento, 24 ore su 24 ogni giorno. Ovviamente i costi dell'hardware sono l'ostacolo più grande. Oculus ci ha fornito un buon supporto ma abbiamo anche bisogno di PC adeguati per far girare la tecnologia. Ci piacerebbe quindi avviare un dialogo anche con i produttori di computer potenzialmente interessati a sponsorizzare il nostro progetto. Stiamo avendo buoni riscontri e l'interesse cresce ogni giorno in più in tutto il mondo. Non vogliamo fermarci qui.

"Maggiori saranno i luoghi in cui potremo portare il nostro progetto e maggiore sarà il numero di persone che potremo aiutare."

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Dan Pearson

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