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Red Dead Redemption

Rockstar ci ha invitati a galoppare nel selvaggio West.

Il risultato è stato sorprendente: le location di Red Dead Redemption non si sono infatti rivelate soltanto incredibili da guardare (alcuni scorci sono davvero mozzafiato, complici anche l'illuminazione straordinaria e la distanza dell’orizzonte estesa a perdita d'occhio) ma anche godibilissime da giocare e da vivere, tra tesori nascosti da recuperare, divertenti sfide venatorie ed eventi imprevedibili a cui vi capiterà di assistere.

Alcuni esempi? Cavalcando nottetempo ho incontrato un gruppo di cowboy accampati in una radura e mi sono seduto con loro per riscaldarmi davanti al fuoco e scambiare quattro chiacchiere, ma durante il mio peregrinare ho anche dato una mano ai tutori della legge durante un agguato da parte di alcuni banditi (ottenendo come ricompensa onore e un particolare capo d'abbigliamento), ed ho liberato la figlia di un fattore dalla grinfie di una banda di rapitori che la tenevano prigioniera all'interno di un edificio.

Soddisfatto dell'interattività e della vitalità dell'ambientazione (l'impressione è davvero quella di un mondo che vive e si sviluppa indipendentemente dalla presenza del giocatore), mi sono quindi dedicato alla terza e ultima missione disponibile. Un ubriacone di nome Irish, personaggio sopra le righe con un debito d'onore nei confronti di Marston, mi ha condotto non proprio spontaneamente fino a una miniera in cui era custodito un gatling, arma indispensabile per il prosieguo dell'avventura.

John Marston non è una persona che vada per il sottile...

Dopo un'accoglienza particolarmente calorosa (sono stato preso a pistolettate in faccia da chiunque respirasse) mi sono avventurato all'interno del giacimento, procedendo con cautela per tortuosi cunicoli fiocamente rischiarati dalla luce delle lanterne. Risolti a mio favore i numerosi scontri a fuoco uno contro uno sono poi finalmente arrivato al cuore della miniera.

La missione e il mio hands on si sono quindi conclusi con l'iconica gitarella su un carrellino lanciato a velocità crescente verso un'uscita secondaria, col gatling saldamente in mio possesso e gli ultimi brutti ceffi disposti a tutto (inclusa la dinamite sui binari!) pur di mandarmi al Creatore.

Le due ore in compagnia di Red Dead Redemption sono trascorse rapidamente, dandomi l'impressione di un videogame a tutto tondo inevitabilmente destinato a lasciare il segno: a dispetto di alcuni elementi ancora da rivedere (su tutti la già citata IA degli avversari), l'epopea del carismatico Marston promette infatti di rivelarsi un'esperienza sontuosa, permeata dalla classe e dallo stile tipici delle grandi produzioni Rockstar. Sarà capolavoro? Ancora qualche mese e lo scopriremo.