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The Last of Us Parte 1: intervista agli sviluppatori sui temi dell'accessibilità e dello sviluppo per PS5

"Qui si aprono nuove frontiere di possibilità."

Nove anni fa The Last of Us è stato pubblicato per la prima volta in assoluto su PlayStation 3. In quell’occasione abbiamo avuto l’occasione di conoscere Joe, Ellie e un intero cast di personaggi che avevano l’obiettivo di farsi strada attraverso un mondo selvaggio e pieno di pericoli. Il gioco narra una storia triste ma anche sfaccettata. Nel 2013 The Last of Us ha lasciato i giocatori con il messaggio che speranza, umorismo e amore incondizionato esistono ancora, anche in un mondo piegato dalla paura.

Adesso il gioco è stato pubblicato nuovamente, rifatto da zero per la console PS5 che è di due generazioni successive. In prossimità di questa release abbiamo avuto l’occasione d’intervistare gli sviluppatori Matthew Gallant e Shaun Escayg e di parlare delle nuove funzioni di accessibilità inserite in The Last of Us Parte 1, e dell’obiettivo che si erano prefissati apertamente, ovvero rendere il gioco una “lettera d’amore” ai fan.

Avvisiamo i lettori della presenza di spoiler su The Last of Us Parte 1 da ora in poi.

Il trailer di The Last of Us Parte 1 dedicato all’accessibilità.Guarda su YouTube

Escayg, che in precedenza ha lavorato anche ad Uncharted: The Lost Legacy, afferma che that Naughty Dog con questa nuova release voleva offrire la possibilità “a fan di vecchia data e nuovi di giocare Parte 1 e Parte 2 senza grossi gap tecnologici nella fedeltà grafica”.

E continua: “Gran parte del nostro approccio a questo gioco è stato un gesto d’amore verso i nostri fan, verso il franchise e verso noi stessi in qualità di sviluppatori. Ci siamo letteralmente seduti per trovare delle soluzioni per innalzare e migliorare l’esperienza di gioco ma senza snaturarla. Si tratta senza dubbio di uno dei giochi migliori mai fatti e non volevamo fare dei danni. Ma volevamo anche reinventare alcuni spazi che in precedenza erano stati limitati dalla nostra tecnologia di sviluppo dell’epoca (durante lo sviluppo del gioco originale per PS3)."

Comunque, lui vede le opzioni di accessibilità come un fattore chiave che renderà questa versione Parte 1 molto importante per la comunità di giocatori di oggi.

"Questo è il gioco che amiamo e che vogliamo sia giocato da ancora più persone, così da darci dei feedback. L’opinione dei fan è un pilastro del nostro studio”, ci spiega. “Questa è quasi un’ossessione per noi, ‘ossia come coinvolgere più persone e che queste persone amino giocare e amino l’esperienza di gioco, le nostre storie, la nostra narrativa e i nostri personaggi’. L’accessibilità sarà un punto costantemente perseguito da Naughty Dog."

Quando The Last of Us è stato pubblicato originariamente, l’accessibilità non era per Naughty Dog un punto importante come lo è adesso. Ciò implica che per la versione PS5 il team ha dovuto implementare nuove feature per una storia che era già stata raccontata.

Comunque, un bel po’ di lavoro era già stato portato avanti con lo sviluppo di Parte 2. “Uno dei benefici di aver realizzato Parte 1 con l’engine di Parte 2 è che abbiamo potuto impiegare tutta la tecnologia che stavamo sviluppando per Parte 2 anche in The Last of Us Parte 1”, ci spiega Gallant (che ha lavorato come designer al gioco originale per poi venir promosso a ruolo di direttore).

"E fortunatamente, poiché sono giochi della stessa serie, condividono un sacco di meccaniche per quanto riguarda il modo in cui si mira o ci si sposta”, continua lo sviluppatore. “Ci sono molti elementi in comune e molti di essi sono stati inseriti senza alcun attrito in The Last of Us Parte 1 per PS5."

"Abbiamo dovuto livellare tutta la tecnologia che stavamo sviluppando e inserirla in The Last of Us Parte 1.”

Ma tutte le aree del gioco che non erano in comune con Parte 2? Ecco, qui gli sviluppatori hanno deciso che pur non potendo utilizzare gli stessi tool di Parte 2, avrebbero potuto mettere a frutto le lezioni imparate nello sviluppo del sequel.

"C’era la preoccupazione costante che ‘avrebbe potuto esserci qualche meccanica unica o situazione per cui il nostro set di feature di accessibilità non sarebbe stato sufficiente", ammette Gallant. Lui evidenzia gli scenari di gioco inclusi nel DLC di Parte 1, Left Behind, che vede Ellie e Riley giocare a un cabinato arcade e scattare foto in uno stand.

"[Il team di sviluppo] si è immediatamente preoccupato di poter incappare in situazioni problematiche”, ci spiega.

Ellie e Riley in Left Behind.

"Quindi, la prima cosa che abbiamo fatto è stato guardare a quelle sequenze e pensare: ‘Che barriere ci potrebbero essere qui per un giocatore non vedente, e che altre per un giocatore con problemi di udito?’ Oppure, ‘questo motore ha esigenze di accessibilità?’, Gallant continua. “E partendo da questi quesiti abbiamo apportato delle modifiche per fornire delle opzioni, pensando ad esempio a come il text-to-speech potesse essere integrato in questa o in quell’altra sequenza, cose del genere”.

Diverse discussioni sull’accessibilità sono venute fuori con la scena arcade di Left Behind e hanno incluso il giocatore cieco Brandon Cole, che ha lavorato anche come consulente per Parte 2.

Il feedback di Cole si rivelato prezioso. Ha detto a Naughty Dog, senza mezzi termini, che nello sviluppo preliminare di quella sequenza il text-to-speech era troppo prolisso. Gallant ricorda di aver lavorato con Cole per assicurarsi che quella funzionalità fornisse “descrizioni precise e brevi” che seguissero naturalmente la sequenza di gioco sullo schermo.

Ellie e Joel verso Fireflies.

"Storicamente, è sempre stato qualcosa da cui abbiamo tratto benefici”, spiega Gallant. “Non vogliamo queste sequenze solo per avere evitare le barriere ma piuttosto perché tutto sia magnifico”.

Anche se il catalogo di feature di accessibilità incluse in The Last of Us Parte 1 aprirà finalmente le porte del gioco a chi finora ne era rimasto tagliato fuori, le discussioni su questo tema sono rimaste un elemento costante.

"Questa è una cosa che personalmente riscontro costantemente, i giocatori vogliono una sfida”, spiega Gallant ricordando il lavoro svolto con Parte 2. “Vogliono giocare questo gioco in modalità difficile… vogliono sentirsi costantemente costretti. Giocano col permadeath, giocano in tutti i modi che tutti gli altri scartano per affrontare una sfida maggiore”.

Joel in una postazione di lavoro di The Last of Us Parte 1.

Ma c’è un elemento ancora più radicato: “vogliono essere incalzati dal gameplay e faticare”, spiega Gallant. “Ma faticare contro nemici e gameplay, non per via del controller o altre scelte di design”.

Un esempio è l’opzione per l’invisibilità, che permette ai giocatori di attraversare in modalità stealth intere aree, che però avrà un effetto di rallentamento ai movimenti di Joel. Si tratta di uno strumento che i giocatori possono utilizzare all’occorrenza.

"Mentre pensavamo a questa funzionalità, testandola con i nostri consulenti per l’accessibilità, sapevamo che volevamo rendere questa esperienza di gioco accessibile ai giocatori non vedenti”, spiega Gallant. “Ma non volevano un cheat code. Non volevano solamente essere in grado di correre e andare in giro rimanendo invisibili. Desideravano invece avere il gameplay stealth dei giocatori vedenti, ma con una versione creata apposta per loro”.

"Il fatto che vi muovete lentamente mentre siete invisibili, parte di questo gameplay stealth è stato reinventato per i ciechi”.

Sia Gallant che Escayg ritengono che l’industria sia attualmente molto favorevole alla realizzazione di giochi accessibili, ed entrambi sottolineano quanto sia incoraggiante vedere che altri studi stiano abbracciando questo tipo di approccio nei loro giochi.

"Penso che ci stiamo avviando verso una nuova frontiera di quel che è possibile fare”, afferma Gallant. “E c’è tanto potenziale qui. Quindi sono emozionato di vedere come altri studi stiano spingendo l’accessibilità nei loro giochi. Penso che sia una vittoria per tutti”.

"Non potrei essere più d’accordo", esclama Escayg. “La speranza è che diventi una situazione più comune, un substrato da cui ognuno possa imparare dagli altri e creare esperienze fruibili da tutti. Questo è l’obiettivo finale”.

Anche se Gallant ed Escayg non possono al momento rivelare come l’accessibilità sarà implementata nell’imminente versione PC di The Last of Us Parte 1, entrambi hanno confermato l’impegno in tal senso a prescindere dalla piattaforma.

"L’accessibilità sarà sempre una cosa che prendiamo molto seriamente", afferma Gallant.

Ma in che modo gli sforzi di Naughty Dog di fornire accessibilità sono stati un successo?

"Abbiamo le telemetrie di alcuni playthrough”, spiega Gallant. “Ma non direi che è qualcosa che sfruttiamo enormemente. Quel che ci interessa è più che altro il modo in cui una modifica e allarga l’esperienza a più persone, chi ne è maggiormente entusiasta e chi invece ne viene escluso”.

"Non penso che vediamo le opzioni di accessibilità, o ogni altro aspetto del nostro gioco, come ‘successo o fallimento’, ma come un lavoro in corso d’opera”, aggiunge Escayg. “Noi spingiamo sempre i limiti, continuiamo a sviluppare e trovare nuovi modi di realizzare migliori ascoltando i feedback dei nostri fan".

Nonostante questa spinta per includere più persone, ci sono alcune comunità tossiche di internet che vedono le opzioni di accessibilità come superflue. Riguardo a questo fenomeno, i due sviluppatori affermano che ascoltano anche i pareri di questi ultimi, ma che non staranno mai dalla loro parte.

"Tutti i feedback sono utili. Anche i suggerimenti che non sono necessari”, argomenta Escayg. “Dovremmo sempre ascoltare i nostri fan, e iniziare a lavorare da lì. Vogliamo semplicemente creare giochi migliori, questo è l’obiettivo. Punto".

"Penso che l’accessibilità, se implementata come si deve, sia completamente ortogonale alla difficoltà… Io voglio che The Last of Us Parte 1 sia accessibile a tutti”, aggiunge Gallant.

Anche se ci sono stati apprezzamenti per le imminenti opzioni di accessibilità in The Last of Us Parte 1, molti altri si sono lamentati del posizionamento di prezzo. Il gioco base costa €80 e ci sono anche edizioni più costose.

"The Last of Us Parte 1 è un gioco spiccherà rispetto a tutte le altre release di quest’anno”, afferma Gallant. “Si tratta di un gioco sviluppato con le potenzialità della PS5 e che sfrutta le migliori tecnologie del nostro ultimo motore grafico. Lo abbiamo sviluppato cercando di spingere al massimo fedeltà grafica, frame-rate, combattimento e IA. Ogni dimensione del gioco è a un livello superiore e nulla sarà paragonabile delle prossime uscite su console moderne.

"Quindi, dal nostro punto di vista, questo è un gioco PS5. Un gioco che abbiamo rifatto e per questo ha quel prezzo".

The Last of Us Parte 1 è in uscita oggi su PlayStation 5.