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Non siamo sempre online - articolo

Le aziende che promuovono il modello “always online” non capiscono come funziona il mondo.

I modelli di DRM (Digital Rights Management, o più italianamente "protezioni") più aggressivi sono da sepre osteggiati da una larghissima fetta di consumatori, e non a torto visto che spesso si tratta di sistemi invasivi che finiscono per rovinare l'esperienza anche e soprattutto di chi gioca il titolo originale. Una sorta di attacco agli stessi diritti del consumatore, soggetti a restrizioni sempre più pressanti da parte degli avvocati delle grandi multinazionali del software.

I videogiochi, nonostante le nostre occasionali lamentele, sono stati finora piuttosto cauti nell'implementazione di simili politiche, forse perché molte figure di responsabilità nell'industria dell'intrattenimento elettronico sono più competenti e consapevoli in materia di software di quanto non lo siano i loro pari nei settori della musica e dei film. È difficile immaginare un grande publisher di videogiochi invischiato in un progetto abominevole, costoso e francamente ridicolo come il sistema UltraViolet. Con tutti i loro difetti, le aziende produttrici di videogiochi riescono comunque a capire quando una tecnologia è semplicemente fallimentare.

Anche nel settore dei videogiochi sono emersi nel tempo una manciata di esperimenti di DRM "duri", ma tuttavia si sono estinti poco dopo la loro implementazione, perché la tecnologia si è dimostrata poco funzionale o perché l'impatto sul mercato e sui consumatori ha finito per danneggiare il potenziale commerciale dello stesso titolo. Va riconosciuto che anche i publisher più orientati all'utilizzo di simile politiche hanno saputo ammettere con relativa rapidità la verità dei fatti (introdurre un software limitativo e poco funzionante nei propri prodotti non è una buona idea) e tirarsi indietro.

Qualunque sia la vostra opinione sui modelli delle micro-transazioni e del F2P (e la mia è che la loro implementazione causerà qualche problema negli anni a venire), è comunque un merito dell'industry del videogioco quello di aver effettivamente tentato di inventare un nuovo modello di mercato che possa coniugarsi con l'era dei download digitali, piuttosto che presentarsi dai governi per lamentarsi di quanto la loro fetta di torta si sia ridotta a causa dei perfidi nemici chiamati "innovazione tecnologica" e "progresso".

"Anche nel settore dei videogiochi sono emersi una manciata di DRM duri, ma si sono estinti in breve"

Da uno di questi approcci, però, nemmeno i più grandi creatori di videogiochi risultano immuni. Stiamo parlando dei giochi "always online", che richiedono una connessione ad Internet e una costante "verifica" del server per essere giocati. Un sistema ereditato dagli MMO e da altri titoli multiplayer, e che ora rischiamo di ritrovare sempre più utilizzato anche nei giochi single player, nonostante precedenti e illustri fallimenti.

Quando Blizzard implementò questo sistema in Diablo III, i fan reagirono con preoccupazione e proteste, che indubbiamente andarono ad influire anche sul destino futuro del titolo, ora identificato come uno dei punti più bassi nella carriera di un'azienda che nei 15 anni precedenti non aveva praticamente sbagliato un colpo. Ora EA ha rilanciato utilizzando il sistema always online anche nel nuovo Sim City, con risultati disastrosi che hanno quasi finito per oscurare anni di fremente attesa dei fan per la rinascita di questa amatissima serie.

I problemi che insorgono quando si richiede una connessione costante anche in titoli single player sono evidenti e gravi. Tutti i titoli che fino a ieri potevamo giocare tranquillamente in aereo, sul treno o magari a casa dei nonni durante le vacanze estive, istantaneamente diventano inaccessibili in quelle situazioni. Esattamente come in quelle due settimane necessarie per allacciare una nuova ADSL, oppure in quella camera da letto in cui la connessione wi-fi non arriva troppo bene, o peggio quando il servizio Internet è momentaneamente sospeso per problemi del provider.

Aggiungiamo che, anche se la vostra connessione a internet funziona alla perfezione, non potrete comunque accedere ai vostri giochi in caso di problemi ai server. Nelle prime settimane di attività, i suddetti server saranno sicuramente sovraccarichi (e se né Blizzard né EA sono state in grado di gestire la situazione è improbabile che altre lo siano). Ma anche più avanti nella "vita" di un titolo, potrà capitare che la vostra ora quotidiana dedicata al gaming vada proprio a cadere in un periodo di "assenza" del server, che sia per problemi tecnici o per manutenzione programmata.

La vostra esperienza di cliente pagante sarà notevolmente peggiore rispetto ai tempi in cui i giochi single player non avevano l'impellente necessità di pingare un server su Internet ogni 5 secondi come un adolescente che controlla in modo compulsivo le notifiche del suo smartphone.

"Anche se la connessione Internet funziona alla perfezione, non potrete comunque accedere ai vostri giochi in caso di problemi ai server"

Ovviamente, quando si gioca un MMORPG o titoli simili questi problemi vengono accettati perché non si può fare altrimenti. Quella volta che tentate di loggare a World of Warcraft e trovate il server morto sicuramente sbraiterete e maledirete il mondo, ma alla fine sapete che non c'è veramente modo di evitare situazioni occasionali del genere in un gioco che nasce come completamente online. Forse perché, quando acquistiamo un gioco online, accettiamo anche l'idea che si tratti di un prodotto ma anche di un "servizio", che viene fornito in maniera continua e costante.

A volte i server saranno down, altre volte dovremo scaricare patch più o meno ingombranti prima di poter accedere al servizio, no Internet no party, eccetera. I giochi in singolo, invece, sono un'esperienza del tutto privata. Non hanno bisogno di alcuna connessione a meno che non siamo noi a volerla e autorizzarla. Non esistono patch "obbligatorie" senza le quali il gioco non parte. Non si tratta di differenze solo tecniche ma concettuali, sono fattori fondamentali di distinzione che configurano l'idea di comprare un prodotto e il relativo accordo con il produttore rappresentato da quell'acquisto.

Il problema più elementare e insormontabile che sorge nel caso di giochi always online è che per un grande numero di persone Internet non è un servizio sempre presente e attivo. Bisogna essere molto attenti a giudicare in base soltanto alla nostra esperienza personale, perché ovviamente noi siamo un branco di nerd tecnologici, conosciamo il mondo di Internet, cerchiamo di avere provider affidabili e abbonamenti flat con una buona banda, nonché router stabili e in grado di raggiungere tutte le stanze della nostra casa o quasi. Tutto questo ci sembra perfettamente normale, e sarebbe facile dare per scontato che sia così per chiunque.

Il problema è che invece non è affatto così. Persino nei paesi più sviluppati dell'Europa e del Nord America, la qualità del servizio Internet è pessima per una grossa fetta di popolazione. In alcuni casi la connessione è addirittura del tutto assente e le uniche opzioni disponibili sono improbabili connessioni satellitari con una tacca di EDGE a intermittenza. Provate ad immaginare una partita a Diablo III o a Sim City in simili condizioni. Ovviamente si tratta di un esempio estremo ma non di fantasia, e comunque man mano che ci si allontana dai centri urbani diventa sempre più comune trovare connessioni Internet scadenti, o case prive di router wi-fi.

Senza contare che in molti paesi nord americani la situazione "banda" è molto peggiore di quanto non si tenda a pensare in Europa: è infatti pratica molto comune per i provider quella di offrire connessioni casalinghe con un tetto massimo di dati scaricabili (ad esempio 10GB al mese), sforati i quali si deve pagare un sovrapprezzo.

"Persino nei paesi più sviluppati dell'Europa e del Nord America, la qualità del servizio Internet è pessima per una grossa fetta di popolazione"

Tutte queste persone tecnicamente impossibilitate a giocare titoli always online sono solo una piccola parte dell'equazione. Sono molti di più infatti i giocatori preoccupati del fatto di poter giocare un titolo solo nella propria abitazione e da nessun'altra parte. La copertura delle reti Internet mobili è ancora più scarsa e incostante di quella domestica, e le disconnessioni sono continue e frequenti. In Europa, dove gli spostamenti internazionali (ad esempio di lavoro) sono molto comuni, i costi di connessione in roaming sono talmente elevati da rendere improponibile l'idea di giocare un titolo always online sfruttando la connettività del proprio cellulare per quei pochi giorni in cui si rimane all'estero.

E l'idea di pagare 10€ di connessione wi-fi dell'albergo per giocare a Sim City è ancora più assurda. All'improvviso, il messaggio che riceviamo è: "puoi giocare a Sim City sul tuo laptop ma solo quando sei a casa. Spostati da casa e il gioco sarà inaccessibile". Inutile dire che il luogo in cui io scelgo di giocare il titolo che ho acquistato non dovrebbe riguardare Electronic Arts. Questo risultato ovviamente non è l'obiettivo delle politiche always online, ma ne è comunque la conseguenza, una conseguenza su cui né Maxis né Electronic Arts sembrano aver riflettuto a sufficienza.

Le politiche always online applicate ai giochi single player saranno anche molto appetibili per i creatori di videogiochi ma restano una pessima idea, che produrrebbe un impatto molto negativo sull'usabilità dei loro prodotti finali. Gli effetti vengono ingigantiti quando tali politiche si applicano a titoli leggendari come Diablo o Sim City.

Probabilmente Blizzard ed EA avranno pensato che la scelta sarebbe stata comunque mandata giù dalla maggior parte dei giocatori e in un certo senso questo è anche avvenuto. Per la maggior parte delle persone, nella maggior parte delle situazioni, un titolo always online resta comunque accessibile e giocabile. Ma quelle occasioni, più o meno rare, in cui invece la situazione è opposta potrebbero comunque rappresentare un elemento molto importante nella scelta di acquistare o meno un titolo.

Traduzione a cura di Luca Signorini.

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Rob Fahey

Contributing Editor

Rob Fahey is a former editor of GamesIndustry.biz who spent several years living in Japan and probably still has a mint condition Dreamcast Samba de Amigo set.
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