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Il modello di business di Destiny è un rischio per Bungie - articolo

Destiny resta un titolo economicamente precario e Bungie deve fare molta attenzione a non alienarsi le simpatie dei giocatori.

Lanciare un nuovo gioco è un processo delicato: ci sono molte cose che possono andare male e vanificare il lavoro di anni, sfociando in un insuccesso commerciale. Per un gioco online, le difficoltà sono ancora maggiori: gestire questioni come il funzionamento dei server e delle infrastrutture online, il comportamento sociale dei giocatori e altro ancora, aggiunge un ulteriore livello di complessità alla fase di lancio (e post-lancio) di un titolo.

Quando Bungie ha lanciato Destiny il compito da affrontare è stato addirittura più difficile. Si trattava di presentare un titolo grande, complesso e multi-piattaforma; un gioco che si basa sulle infrastrutture online persino per gestire le sue interazioni più basilari. Come se non bastasse, l'azienda ha deciso di impiegare un business model sperimentale, mai utilizzato prima per un videogame.

Destiny è un titolo online a mondo persistente che ha scartato tanto i modelli F2P e "paymium" basati sulle micro-transazioni, quanto il più comune modello in stile MMO basato sugli abbonamenti mensili. L'obiettivo era quello di guadagnare quanto World of Warcraft ma senza chiedere agli utenti di registrare una carta di credito da cui prelevare una cifra mensile: i proventi sarebbero derivati dal convincere i giocatori ad acquistare nuovi e costosi pacchetti di contenuti ogni tot mesi.

Un simile modello mi è sembrato da subito molto, molto particolare. Ne capisco la logica: i giocatori sono meno invogliati a provare un titolo basato su abbonamento mensile, quindi Destiny non avrebbe mai raggiunto una platea così ampia se avesse richiesto un pagamento di 10 euro ogni mese. D'altro canto, i giocatori hardcore non gradiscono le micro-transazioni dei F2P (almeno in teoria, in pratica le accettano molto di buon grado, a patto che siano fatte nel modo giusto), quindi un gioco come Destiny sarebbe colato subito a picco se avesse proposto anche soltanto un accenno di meccaniche "pay-to-win".

Chiedendo ai giocatori di pagare per ottenere nuovi contenuti, Destiny effettivamente trasforma la struttura di pagamenti messa in piedi da World of Warcraft (o qualsiasi altro MMO ad abbonamento) rendendola più digeribile, in teoria, per i gamer. Chi polemizza con i modelli F2P, generalmente sostiene di essere disposto a pagare per la giusta dose di contenuti, e Bungie ha tentato di abbracciare questa visione per offrire ai consumatori il business model che loro stessi reclamavano.

Il problema che si poteva intravedere sin da subito era però quello del logoramento. Convincere gli utenti ad abbonarsi è complicato, ma consente anche di mantenere un rapporto più duraturo e persistente con i propri giocatori, che spesso continuano a pagare la cifra mensile anche in periodi nei quali non giocano molto frequentemente, o addirittura affatto.

Io stesso non loggo Final Fantasy XIV da diversi mesi, eppure Square Enix continua a ricevere il mio pagamento con puntualità: non mi sono preso la briga di sospendere l'account perché è in arrivo un'espansione che potrebbe riaccendere la mia voglia di giocare, e soprattutto perché vivo la cancellazione come un atto definitivo e subisco quello strano effetto psicologico che mi porta a posticipare una decisione così "importante".

Dal punto di vista economico ovviamente la cosa non ha senso, ma si tratta di uno stato d'animo comune per molti giocatori di MMO. Una volta abbonati a qualcosa, ci si sente in qualche modo coinvolti e si finisce per considerare la spesa relativa in modo diverso da come faremmo nei confronti di un nuovo acquisto vero e proprio.

Quest'ultima condizione è esattamente quella che Bungie sta proponendo ai suoi utenti: li sta forzando a prendere una nuova decisione attiva ogni manciata di mesi, a valutare se Destiny fa ancora parte della loro dose di gaming preferita, se i nuovi contenuti sono buoni abbastanza da meritare un altro acquisto, altri soldi. Non si tratta semplicemente di continuare a pagare un abbonamento che si è già sottoscritto, ma di effettuare una spesa nuova: l'occasione perfetta per spingere almeno una parte dei giocatori a dire "no, stavolta passo, grazie".

Forse questo non rappresenta un problema agli occhi di Bungie perché non so quanto vogliano continuare a coinvolgere il giocatore medio con Destiny. Se si aspettano una longevità pari a quella di World of Warcraft, probabilmente resteranno delusi; se invece si accontentano di vendere una certa quantità di nuove espansioni nel corso di due o tre anni, potrebbero soddisfare le loro aspettative.

Non so quanti giocatori di Destiny abbiano effettuato l'upgrade a L'Oscurità del Profondo e Il Casato dei Lupi, ma ho la sensazione che si tratti di una percentuale molto più alta di quanto io stesso non immaginassi inizialmente, il che dimostra quanto bello e apprezzato sia il gioco creato da Bungie.

Questo però non significa che il problema del logoramento sul lungo periodo non sia reale. Senz'altro Bungie ha fatto un ottimo lavoro riuscendo ad evitarne gli effetti negativi fino ad ora, e mantenendo elevata la soddisfazione e la fiducia degli utenti con contenuti di ottima qualità. Al tempo stesso, è evidente che la gestione di un progetto così ambizioso si va facendo con il tempo sempre più complessa.

Se Blizzard sbaglia un colpo, i giocatori devono decidere attivamente se cancellare o no la loro sottoscrizione; se Bungie fa un passo falso, i giocatori non devono fare assolutamente niente: si limiteranno a non comprare la prossima espansione. Ogni singola mossa dovrà dunque essere eseguita al meglio, specialmente quando il gioco comincerà ad invecchiare e l'entusiasmo iniziale dei giocatori a svanire. Per mantenere la player base a livelli soddisfacenti sarà necessario continuare a generare questo entusiasmo in modo costante.

Mi domando: quanto del supporto dei fan si sarà incrinato quando il creative director della nuova espansione, Il Re dei Corrotti, ha rilasciato i suoi commenti spavaldi e a tratti arroganti riguardo il modello di prezzi nella sua intervista ad Eurogamer?

La reazione dei fan su Internet è stata furiosa: Luke Smith ha successivamente ritirato le sue dichiarazioni e chiesto scusa con umiltà (ha detto, più o meno esplicitamente, di essersi espresso come un imbecille), mentre l'azienda ha rivisto alcuni aspetti relativi al prezzo dell'espansione.

Forse sarà abbastanza per pacificare i rapporti con una parte della comunità (e io certamente lo spero: non credo che i commenti originali di Smith fossero poi così oltraggiosi), ma sicuramente rimarrà anche qualcuno convinto che Bungie abbia tradito il rapporto di fiducia e di rispetto con i propri consumatori.

Ciò che forse l'azienda non capisce appieno è il fatto che, con il presente business model, si trova praticamente a camminare sulle uova. I suoi giocatori non hanno lo stesso coinvolgimento di quelli di World of Warcraft: c'è una differenza sociale e psicologica che deriva dall'assenza di un abbonamento e si estende agli stessi sistemi del gioco, sminuendo il valore dei rapporti interpersonali e della creazione di legami nell'ambiente virtuale.

Il risultato, spesso, è quello di spingere i giocatori a "importare" i propri amici nel gioco, piuttosto che a farsene di nuovi in-game. La questione è più importante di quanto non si immagini: chi ha giocato a WoW e poi ha smesso, in molti casi non ha potuto mantenere i rapporti con gli amici che aveva conosciuto in-game.

I vostri compagni di Destiny, invece, probabilmente figurano anche nella rubrica telefonica e tra gli amici di Facebook. Va da sé che il costo sociale di non comprare la prossima espansione è molto minore. Per lo sviluppatore (e il publisher), questo significa che non si può smettere nemmeno per un istante di trattare gli utenti con i guanti di velluto.

Certamente si possono prendere decisioni impopolari, qualora fossero necessarie, ma sarà bene riuscire a comunicarle con una straordinaria dose di diplomazia e spiegarle con pazienza ai giocatori: una polemica che per altri titoli si risolverebbe con una tempesta in un bicchier d'acqua, potrebbe invece costare cara a Destiny in termini di guadagni mancati.

Con l'uscita de Il Casato dei Lupi, tutti i contenuti pre-acquistati da chi ha comprato Destiny al lancio si sono esauriti (i giocatori che hanno comprato l'edizione premium hanno ricevuto le prime due espansioni come parte del bundle). Bungie, quindi, ha tolto le rotelle alla bicicletta: d'ora in poi quello che è uno dei titoli più popolari e al tempo stesso più fragili economicamente degli ultimi anni si troverà senza rete di salvataggio.

Destiny rimane un grandioso esperimento nell'industria dei videogiochi, un titolo che esplora nuove soluzioni, scommettendo sulla sua capacità di continuare a coinvolgere gli utenti per un lungo periodo e di a guadagnare nonostante l'assenza di un sistema di abbonamenti. Personalmente amo Destiny e gli auguro tutto il meglio possibile, ma Bungie dovrà stare più attenta alle sue mosse d'ora in poi, perché si ritrova a dipendere dalla fiducia dei giocatori più di quanto non fosse mai successo a un'altra azienda nell'ambito dell'industria dei videogiochi.

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Destiny

PS4, Xbox One, PS3, Xbox 360, PC

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Rob Fahey

Contributing Editor

Rob Fahey is a former editor of GamesIndustry.biz who spent several years living in Japan and probably still has a mint condition Dreamcast Samba de Amigo set.

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